lunedì 22 settembre 2014

Altheo "Moda": Frida Giannini, ''ecco come si diventa un Gucci boy''. James Franco racconta la maison The director, ritratto fuori passerella dello stile.


 Come si diventa un Gucci boy? A raccontarlo è James Franco, autore, regista, attore, eclettico talento (e sex symbol indiscusso) in un certo senso pure lui un uomo della maison visto che ne è testimonial, modello oltre che amico. Franco, che sarà alla Mostra del cinema di Venezia fuori concorso con The sound and the fury, rilettura dell'Urlo e il furore di William Faulkner) ha realizzato The Director Inside in the house of Gucci, diretto da Christina Voros, passato con successo al Tribeca e distribuito da The Space Movies e Universal Pictures.



Racconta Frida Giannini nel film:
''Ho avuto un'infanzia felice ma mai immaginavo un futuro come quello che sto vivendo, diventare il direttore creativo di Gucci''. Romana, classe '72, dopo gli studi all'Accademia del Costume e della moda, approda a Fendi dove disegna la collezione donna per tre stagioni, poi la pelletteria. Nel 2002 passa a Gucci bruciando in pochi anni tante tappe, dalla borsetteria agli accessori fino a diventare nel 2006 direttore creativo unico.
Donna di talento e fascino, indubbiamente potente, brillante e determinata. James Franco l'ha conosciuta alcuni anni fa, un'amicizia mescolata al lavoro. ''Siamo stati invitati a intervistarci per un servizio speciale che sarebbe uscito su una rivista, e quando gli ho chiesto Qual è il tuo prossimo progetto?, lui mi ha risposto, Realizzare un documentario su di te", racconta la Giannini.






Per 18 mesi le telecamere hanno seguito il lavoro della maison fiorentina e il film documentario racconta in tre capitoli l'evoluzione dello stile e della creatività della designer, oltre le sfilate per esplorare le fonti di ispirazione, il modo di lavorare, guardando al futuro, all'evoluzione dello stile Gucci senza dimenticare il passato che ne ha fatto uno dei top brand del mondo. Insomma la donna dietro l'etichetta.




Si parte con gli anni 60, quando le star dei film hollywoodiani in trasferta a Roma scoprivano la maestria di un artigiano locale del cuoio, attivo nel negozio fondato da Guccio Gucci nel 1921. Quelle star tornavano in America e comparivano in film celebri indossando le borse e le scarpe che avrebbero reso famoso il marchio fiorentino, fino a renderlo sinonimo di alta moda internazionale. Novant'anni più tardi, Frida Giannini, attuale direttore creativo della casa di moda, torna a prendere ispirazione dal cinema - così come dall'arte, dalla musica, dalla vita. Dalla sua nomina a direttore creativo nel 2006, Frida Giannini ha scelto di immergersi nel ricco archivio del passato della maison per reinterpretare il suo design iconico, allo stesso tempo ridefinendolo alla luce della propria caratteristica inventiva.
Grazie alla sintonia tra Giannini e Franco, The Director, come suggerisce il titolo, è un'immersione nel mondo, certamente glamour, di Gucci, in pratica un omaggio ai 90 anni di storia della maison.


Promo Video: Trailer.


sabato 20 settembre 2014

Altheo: "Accordi Musicali": Gli ottant’anni di Leonard Cohen, felice di tornare on the road.


Domenica il cantautore canadese compie gli anni e si prepara a un nuovo decennio di attività. In uscita il suo tredicesimo album, "Popular problems".




Come dimenticare quella notte di fine agosto del 1970? Jimi Hendrix aveva letteralmente infiammato i seicentomila pazzi fricchettoni rockettari che campeggiavano e saccoapelavano nell’isola. Il festival di Wight, nella sua terza e ultima edizione, sarà sempre ricordato anche per la strana circostanza dell’avvicendamento tra uno scatenato Jimi, il dio della chitarra che sarebbe morto qualche settimana dopo, e il soave e profondo Leonard Cohen, il poeta e cantautore canadese che allora rivaleggiava nei cuori e nelle menti dei giovani con singer della statura di Bob Dylan, Donovan, Joni Mitchell. Accanto al palco si vedono – nelle riprese di un bel docu di Murray Lerner che filma la scena – Joan Baez, Kris Kristofferson e Judy Collins, in una prova di solidarietà con il collega che alle due di notte si deve cimentare di fronte a una folla eccitata. E il miracolo avviene.
Delle performance di Leonard Cohen, allora trentacinquenne, quella del 31 agosto 1970, è tra le più riuscite. SuzanneTheStrange SongThe Partisan, e gli altri pezzi della performance diventeranno un lp nel 2009, freschi e toccanti come allora.
Il clima del festival rendeva possibili, facili, questi miracoli, la commistione dei generi apparentemente più lontani, ma tutti nel solco dell’innovazione rivoluzionaria della musica, in un’epoca in cui la “nuova musica”, in tutte le sue declinazioni, generi, commistioni, e tutte insieme, dal rock duro al folk più armonioso, accompagnava come una colonna sonora un movimento straordinario di cambiamento culturale e politico della società occidentale, e ne era anche parte integrante e traino, di quel cambiamento.


È così sarebbe stata del tutto “naturale”, oltre che dovuta, l’introduzione nel 2008 di Cohen nel Rock and Roll Hall of Fame, il museo di Cleveland che onora i più importanti e influenti artisti, produttori, personalità del mondo della musica rock. E d’altra parte alcuni suoi pezzi saranno interpretati da artisti come Lou Reed, Civil Wars oltre che da Jeff Buckley, Nina Simone, Johnny Cash, Tori Amos, Nick Cave, Joan Baez, Harry Belafonte, Rufus Wainwright.
Domenica prossima Leonard Cohen compie ottant’anni. Due giorni dopo sarà messo in commercio il suo nuovo album, il tredicesimo, Popular problems, il che non deve far sembrare che l’isola di Wight e quell’epoca siano lontane quanto suggeriscono i quarantaquattro anni di distanza tra loro. Leonard Cohen continua a stupire e ipnotizzare come allora, i suoi pezzi sono poesia che parla al cuore e alla testa. Anche quelli del prossimo disco (dal 19 agosto è disponibile sulle maggiori piattaforme di streaming il brano Almost like the blues).
In realtà, il folksinger di Montreal sarebbe sparito definitivamente dalla scena una decina d’anni fa se non fosse stato per uno sgradevolissimo quanto provvidenziale (per i suoi fan ma anche per lui) episodio, che l’ha obbligato a rimettersi in gioco. Fu la scoperta di essere rimasto senza un cent in tasca: la sua manager storica, Kelly Lynch, gli aveva prosciugato cinque milioni di dollari, parte cospicua del patrimonio accumulato con ventitré milioni di album venduti in tutto il mondo (oltre a dodici libri pubblicati) e relativi diritti. Quando pubblicò nel 2004 il suo undicesimo album, Dear Heather, sembrava che quello dovesse essere il suo ultimo disco. Per di più la sua discreta uscita di scena corrispondeva al carattere del personaggio che si ritrovava più nella meditazione zen che nella vita sulla strada del musicista. E invece il decennio, da allora, è stato generoso di soddisfazioni, compresa quella di ritrovare il gusto del rapporto con il pubblico. Parlando di recente con Giuseppe Videtti diRepubblica ha confessato di avere .”scoperto che la vita on the road per la quale non mi sentivo più tagliato mi piace. E poi, cos’è la fatica? Posso dire che mi stanco a cantare quando c’è gente che muore di fame, scende in miniera o marcisce in prigione? Fare quel che non ci piace è faticoso. Nel mio caso lavare i piatti”.
Un nuovo decennio, il nono, si apre dunque per l’artista canadese. Cosa dici, che cosa canti della vita quando arrivi a questo punto della vita? “La risposta breve – osserva il rock and pop critic del Guardian Alexis Petridis – è che pensi parecchio alla morte. Il Tristo Mietitore fa sentire la sua presenza, che ti trovi a New Orleans, su un campo di battaglia lontano o vicino a casa: la prima cosa che senti è Cohen che contempla la sua mortalità in Slow. Ma per quanto si descriva il tono dell’album come un tono di ‘disperazione’, tutto sembra tranne che senza speranza”.



Altheo "Design": Londra caput design (e architettura).





Londra, si sa, è una città dove è possibile fare qualunque cosa, senza limiti di creatività, un luogo che si rigenera ogni giorno, sperimentando senza paura. E quando si parla di design, la capitale inglese non perde l’occasione per mostrarsi al meglio.
Il London Design Festival è la manifestazione più importante del settore in Inghilterra e aspira, ormai da qualche anno, a contendersi il primato con Milano. Cominciata il 13 settembre, arriva nei giorni clou questo week-end con opening, mostre ed eventi sparsi per tutta la città, mescolando brand storici, nuove realtà imprenditoriali, giovani e vecchi talenti. Mentre sabato e domenica ben 800 edifici saranno aperti e accessibili in occasione dell’Open House - format internazionale nato nel ’92 – che ogni anno apre l’architettura alla città con talk, passeggiate tematiche nei quartieri e tour organizzati.
Da vedere c’è davvero molto, ecco un piccolo elenco di cose da non perdere. Al primo posto c’è il Victoria & Albert Museum, dove alla collezione permanente si mescolano le installazioni create ad hoc per il festival. Ne è un esempio Double Space for BMW,ideata dai designer Edward Barber e Jay Osgerby: due strutture riflettenti, sospese al centro della galleria che ospita alcune opere di Raffaello, creano una dimensione surreale e disorientante. Talento e artigianato sono invece le due componenti che hanno supportato l’iniziativa The Wish List: What I Have Always Wanted Is… in cui giovani designer sono stati invitati a realizzare “ciò che avrebbero sempre voluto a casa ma non sono mai riusciti a trovare” con un unico materiale, l’American Hardwood. I risultati sono esposti in diverse location del museo. E infine, all’esterno, nel John Madejski Garden, trova spazio Crest, scultura progettata dall’architetto anglo-irachenoZaha Hadid su commissione della Meliã Hotels International. Una sottile lama metallica accompagna il contorno sinuoso della piscina creando sulla sua superficie un’onda sinuosa e riflettente.
A rappresentare quanto di meglio, secondo gli organizzatori, la cultura del progetto può offrire, ci pensa designjunction, una mini fiera alternativa che seleziona ed espone brand da tutto il mondo, riuniti nel grande spazio industriale del Sorting Office.




Sulla stessa scia è Tent, che si vanta di esporre “il maggior numero di designer per metro quadro di tutto il festival”: un grande hub che ospita 280 espositori e oltre 40 brand internazionali. Per gli amanti delle fiere tradizionali, invece, c’è sempre 100% Design, la location ufficiale dove le grandi aziende espongono le proprie collezioni.
Ma non ci sono solo grandi spazi espositivi da visitare. Il London Design Festival è anche e soprattutto in città. Sono ben sei i design district che ogni giorno si animano durante le late night. Tra questi un passaggio obbligato è nello Shoreditch Design Triangle, quartiere a nord est della City, tra i più alternativi e vitali della capitale inglese, teatro della scena artistica inglese degli anni ’80 e ’90. Qui è possibile vedere piccole gallerie, brand indipendenti, negozi e giovani designer ad alto tasso creativo.
A segnare ancora di più la presenza sul territorio, in occasione del festival viene realizzato un Landmark project. Quest’anno l’intervento prende il nome di A place called home, un allestimento in collaborazione con la community di Airbnb che ha chiesto a quattro designer – Jasper Morrison, Raw Edges, Ilse Crawford e Patternity studio – di realizzare in scala ridotta, nella centralissima Trafalgar Square, il luogo dove si sentono a casa.
Sabato e domenica, infine, il consiglio è di visitare i luoghi solitamente non aperti al pubblico. Al motto di “revealing great architecture for free” grazie a Open House sarà possibile salire fino all’ultimo piano dei grattacieli che popolano la città come il Leadenhall Building (soprannominato la grattugia), il 30 St Mary Axe (anche detto il cetriolino), la Broadgate Tower e il Lloyd’s Registetr Group building. Tutti accessibili, code permettendo.


Altheo" Fashion Week Milano": Gucci, anni '70 per una primavera di lusso hippy chic Patchwork, denim, piume, pelle. Da Frida Giannini omaggio a Ali MacGraw e Jimi Hendrix.




Non sarà ispirata agli anni Settanta, ma la nuova collezione Gucci li ricorda da vicino. Frida Giannini, direttrice creativa del marchio della doppia G, non ha mai fatto mistero della sua passione per i Seventies, ma questa volta - incontrando la stampa prima della sfilata - preferisce mettere l'accento sui capi e le lavorazioni, con il patchwork protagonista della proposta per la prossima estate. Sul 'mood board', il tabellone che indica lo spirito della collezione, spiccano le foto di Ali MacGraw e di Jimi Hendrix, così qualcuno chiede alla designer se la collezione non richiami proprio quegli anni: "non una donna degli anni 70, ma - replica la designer - molto contemporanea e cosmopolita".



Si passa poi a parlare dei capi, dagli chemisier di pelle con ricami in sangallo ai gilet di pelliccia patchwork, e la domanda sorge spontanea: è una collezione hippy-chic? "hippy fino a un certo punto" risponde la designer, facendo notare che "stiamo parlando di lavorazioni molto lussuose". Per sottolineare la vena cosmopolita e contemporanea della donna Gucci della prossima estate, Frida Giannini ha voluto un parterre di modelle internazionali e ha scelto una colonna sonora di giovani band con voci femminili di tutto il mondo. A rafforzare il concetto, una prima fila di star comeKate Moss e Charlotte Casiraghi, che è anche testimonial della prima linea di make up del marchio della doppia G, al suo debutto oggi in passerella. In onore della figlia della principessa Carolina, "che ormai è un'amica della maison", anche un cocktail nel negozio di via Montenapoleone.


Stilisticamente la collezione riparte dalla pulizia e dal grafismo delle linee della precedente, ma se il pitone era il protagonista dell'inverno, per l'estate è il patchwork a dominare la scena. Da una parte ci sono i capi iconici di Gucci come il trench, la gonna in suede, la borsa con la tracolla militare, dall'altra c'è una vena di decorativismo ben rappresentata dagli abiti in crepe de chine sotto al ginocchio, con stampa patchwork, portati con il gilet di pitone, capra, mongolia, volpe e gli stivaletti di camoscio con il tacco triangolare. C'è anche tanto denim, con la giacca marsina con dettagli militari e pantaloni ampi che si fermano sopra la caviglia e sfoggiano in vita bottoni dorati stile marina. A dare un tocco borghese chic al completo di jeans un foulard di mussola di cotone annodato al collo. Se la giacca di stagione è un collage di obi ricamati e incrostati, gli abiti di punta sono degli chemisier in pelle, ma anche in denim, con inserti di sangallo, da alternare a quelli con scollo profondo chiuso da grandi stringhe di tessuto e a quelli lunghi al ginocchio, con spacco centrale. Per la sera, come per l'inverno, niente abiti lunghi, ma mini dress ricamati dal sapore orientale. Se i capelli ricordano Ali MacGraw (riga in mezzo e coda di cavallo), il trucco punta sugli occhi ("sono - confessa Frida Giannini - la mia ossessione") esaltati dal mascara marrone e da una linea di ombretto dorato.


giovedì 11 settembre 2014

A Berlino inaugura il nuovo spazio espositivo permanente dedicato alla fotografia.



Il paradiso per tutti i fotografi, professionisti e amatori. Se siete nella zona di Berlino, il prossimo ottobre, non potete perdervi la grande inaugurazione di C/O Berlin, il  nuovo spazio espositivo permanente realizzato anche grazie al crowdfunding. L'inaugurazione è prevista per il 30 ottobre


Era atteso da tempo da tutti gli appassionati di fotografia, e finalmente ora è arrivato il momento: il 30 ottobre sarà ufficialmente inaugurato al pubblico il nuovo spazio espositivo permanente di C/O Berlin, la galleria fotografica che nel 2013 ha lasciato la vecchia sede di Oranienburger Straße per riaprire i battenti a Ovest, nel cuore di Charlottenburg, dopo quasi due anni di ristrutturazione.
C/O BERLIN - Dalla sua fondazione nel 2000, C/O Berlin ha sempre presentato al suo pubblico un programma culturale ricco di eventi. Un vero e proprio centro espositivo dedicato alla fotografia: presenta lavori e mostre di artisti di fama, organizza eventi, promuove giovani artisti di talento e accompagna i più piccoli in viaggi di scoperta attraverso la cultura visiva. In occasione dell'inaugurazione, verrà presentata la mostra "I Fell in Love with the City", che comprenderà le immagini - mai esposte prima - di Will McBride, che si è concentrato sulla Berlino dopo la Seconda Guerra Mondiale. 
RESTYLING – Rispetto allo spazio precedente, la nuova sede aumenta l’area espositiva del 20%, arrivando a circa 2300 metri quadri. Sono stati, innanzitutto, migliorati i servizi con una caffetteria e un bookshop. Inoltre, sono stati migliorati l’impianto di illuminazione, quello dell’aria condizionata, le tecnologie a disposizione per le proiezioni e l’assetto delle sale espositive.
CROWDFUNDING – Per raggiungere l’obiettivo, la storica galleria ha chiesto aiuto anche ai privati attraverso il Crowdfunding, in cambio, ovviamente, di diverse agevolazioni come la possibilità di ottenere sconti sull’acquisto di una lampada griffata C/O, oppure un pass di ingresso annuale a prezzi ridottissimi e anche di partecipare a workshop sulla fotografia insieme a fotografi dell’agenzia Magnum.

Altheo "Eventi": Il MOA inaugura una mostra d’arte contemporanea.





Il 15 Settembre 2014 alle 19.00 il MOA (Movimento Ortigia Arte) inaugura a Cefalù, negli spazi espositivi dell’Ottagono di S. Caterina – Piazza Duomo, la Mostra d’Arte Contemporanea degli artisti Gianluigi Benanti, Andrea Chisesi e Benedetto Poma. L’evento è patrocinato del Comune di Cefalù con la collaborazione dell’Assessorato Comunale alla Cultura e Istruzione e del Museo Mandralisca di Cefalù. La mostra ripercorre, attraverso le opere, i differenti linguaggi ed espressioni delle tre personalità artistiche. In tal senso, le opere esposte sono tappe fondamentali del percorso, che diventa una sorta di intreccio, ricco di rinvii e di linguaggi formali diversi e complementari tra loro. I tre artisti, di fama internazionale, abituati a dialogare mediante stili comunicativi, metodi espressivi e risorse materiali del tutto diversi, approdano a Cefalù, dove, in maniera a volte provocatoria, svelano la propria arte al pubblico, che li vedrà protagonisti per la prima volta nella città di Ruggero.
La Mostra sarà inaugurata lunedì 15 Settembre alle ore 19,00 e resterà aperta fino a martedì 30, tutti i giorni dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 18,00 alle 22,00.

mercoledì 10 settembre 2014

Altheo "Moda": Roberto Cavalli. Regina Bag.


Roberto Cavalli ha una nuova it-bag. Si chiama Regina ed è già diventata cult tra le celeb. 


Tra le numerose star è stata sfoggiata da Miley Cyrus - con un look di ispirazione sportiva e tacchi vertiginosi -, Elena Perminova - con maxi pull e cuissard -, Kylie Minogue - con pelliccia eco over - e Heidi Klum - con long dress stampato, zeppe e chiodo.
"Regina porta avanti un lungo racconto d'amore, quello per la raffinata pelletteria di tradizione Cavalli”, dice lo stilista. “Una borsa che contiene tutto, per una donna che non dimentica che la personalità è l'accessorio più glamour che ci sia".
“La luce delle maniglie, nell’intreccio di pelle e catene, è il primo statement d’artigianalità, in tinta ottone”, spiega la maison. “Poi, la lavorazione a squame sui fianchi, il fondo tagliato e intrecciato a mano. Una calamita a chiudere lo scrigno, per semplificare lo scorrere delle ore e dei gesti: i propri segreti a portata di mano, governati tra zip e sezioni interne”.
Quattro i modelli disponibili e declinati in diverse nuance: Rays, Mark, Fringe e Private.
E alla sua Regina il brand ha dedicato un intero sito: regina.robertocavalli.com.




domenica 7 settembre 2014

Altheo "I racconti di Caterina Gervasi": Come ti rubo la Gioconda.


Come ti rubo la Gioconda.





Un piccolo quadro di 77 cm d'altezza e 53 di larghezza, un piccolo pezzo di legno di pioppo,insomma, il quadro piu' famoso del mondo: La Gioconda di Leonardo Da Vinci.
Pensate che questo capolavoro non puo' essere mai sottratto alla vista del pubblico e siccome il giorno di chiusura del Louvre e' il martedi', la sua manutenzione deve essere fatta tra la sera del Lunedi' e la mattina del Mercoledi'; altrimenti si correrebbe il rischio di irritare i turisti che arrivano da lontano per ammirarlo.
Probabilmente non sapremo mai la vera identita' della donna che raffigura e quindi lascio la questione agli esperti, so solo che essa fece compagnia non solo a Leonardo ma anche a Napoleone che pose il ritratto nella sua camera da letto alle Tuileries e li' ci rimase fino alla sua incoronazione ad imperatore, dopodiche' ritorno' al Louvre.
Ma il 21 Agosto 1911 il trentenne imbianchino italiano, Vincenzo Peruggia, che aveva lavorato al Louvre come pulitore di quadri, tolse la Gioconda dalla sua cornice italiana del XVI sec., dono della contessa di Bèarne, l'avvolse nella giacca e se la porto' via.
Il Louvre rimase chiuso una settimana, il governo licenzio' in tronco il suo direttore, Thèophil Homolle ( che al momento del furto era in vacanza) insieme al responsabile del servizio di sicurezza mentre i custodi furono sottoposti a procedimento disciplinare.





Furono 1350 i sospettati, si ipotizzò il furto ad opera dei tedeschi o di un collezionista pazzo, fu seguita anche la pista del maniaco sessuale. Persino Guillaume Apollinaire venne “incastrato”, l’8 settembre. 
Lui, già poco gradito perché ebreo di origini polacche se la vide brutta. 
Restò dieci giorni in carcere a sfogare la sua rabbia scrivendo delicate poesie a Marie Laurencin, bella pittrice che aveva fama di divoratrice di uomini. 
Anche Picasso, passò un brutto quarto d’ora ma poi entrambi furono rilasciati per assoluta mancanza di prove a loro carico.
La notizia del furto ebbe una vasta eco : La Domenica del Corriere nella sua copertina presentava un disegno con due ladri che portavano via il quadro con la didascalia: “ Come sia stato possibile l'impossibile “, Il Petit Parisien mise la Gioconda in prima pagina quasi tutti i giorni per almeno tre settimane.
Non mancarono frizzi e lazzi all'indirizzo del Louvre: alcune cartoline satiriche,stampate per l'occasione, mostravano Monna Lisa che scappava facendo marameo mentre in un locale equivoco si cantava questa canzone: “ Ehi cocco,dammi un bacio – che non sono schizzinosa.-Mi annoiavo un sacco in quel palazzo-una sera che il guardiano gridava “ chiudiamo “ - gli ho risposto “ il becco” - e me ne sono scappata sola soletta.
Trascorsi alcuni mesi il Louvre ,convinto che il quadro non sarebbe piu' stato recuperato, lo sostitui' con il “ Ritratto di Baldassar Castiglione “ di Raffaello.
Intanto il dipinto si trovava in una scatola sotto un tavolino, nella camera ammobiliata del Peruggia, che si era recato a Londra nel tentativo di venderlo ad un mercante d'arte, tal Joseph Duwen .
L'affare era fallito perche' il Duwen credendo che il Peruggia fosse un millantatore lo aveva cacciato via.





Il recupero del quadro e' da film poliziesco.
Il 29 Novembre 1913 Alfredo Geri, un antiquario di Firenze, ricevette una lettera firmata “ Leonardo” il cui autore affermava di voler restituire il quadro all'Italia.
Geri rispose che voleva vedere il dipinto e cosi “Leonardo” prese il treno ed arrivo' a Firenze il 12 Dicembre, alloggiando presso un modesto albergo di nome” Tripoli e Italia”, oggi ribattezzato “ La Gioconda”.
Geri si presentò con il direttore della galleria degli Uffizi che dopo aver visto il quadro lo prese in custodia per esaminarlo. ( non senza un piccolo incidente, quando la portiera dell'albergo li fermo', convinta che stessero portando via uno dei quadri dell'albergo ). Il Peruggia fu convinto a restare in albergo in attesa delle 500mila lire di ricompensa e venne chiamata la polizia.
La Gioconda rimase a Firenze fino al 19 Dicembre 1913 e poi viaggio' fino a Roma, sotto scorta armata, per essere ufficialmente riconsegnata alle autorita' francesi.
Il 31 Dicembre arrivo' alla stazione ferroviaria di Parigi, dove c'era una numerosa folla ad attenderla.Lucia Manzanic, esperta d'arte, cosi' raccontava il suo arrivo : “ Non riuscivo a vedere molto per via della calca, ma ricordo il profumo,era come stare in profumeria : tutte le signore eleganti di Parigi erano li' riunite per vedere la Gioconda”.
E il Peruggia? .
Venne condannato ad un anno e 15 giorni, pena poi ridotta a 7 mesi e 4 giorni.
Ma le peripezie per la Gioconda non terminarono con il furto. Nel 1956 un pazzo cerco' di distruggere il dipinto con l'acido ed un'altro la colpi' con un sasso.
Da allora il quadro e' custodito dietro un vetro di sicurezza al primo piano del museo ,nell'ala Denon, sala 6.






Caterina Gervasi.


Altheo "Fotografia": ‘Ukraina Revolution’, gli scatti di Andy Rocchelli al Premio Ilaria Alpi.




Maggio 2014. Siamo a Sloviansk. La città cade nelle mani dei separatisti filorussi e l’esercito regolare ucraino la tiene sotto assedio, bombardandola regolarmente con mortai e artiglieria pesante. E’ qui che la popolazione cerca rifugio negli scantinati, che spesso sono poco più che dispense adibite alla conservazione di generi alimentari ed è sempre qui, a Sloviansk, che si riparano anche gli abitanti di altri villaggi della zona, in fuga dagli scontri fra ribelli e truppe governative. Tra feriti e morti si perde il conto e nell’ormai ex roccaforte dei ribelli filorussi -riconquistata dalle forze lealiste- a fine luglio è anche stata ritrovata una delle tante fosse comuni con una ventina di corpi, tra i quali almeno quattro civili.
Uno scenario di morte, devastazione e diritti negati senza censura che il fotoreporter ha voluto documentare e raccontare fino all’ultimo, fino allo scorso 24 maggio, quando un colpo di mortaio lo ha raggiunto uccidendolo insieme al giornalista e traduttore Andrei Mironov. Andy, trent’anni, di Pavia e da poco padre di un bambino, lavorava per il collettivo fotografico Cesura.it e i suoi ultimi scatti, circa una ventina, saranno esposti a Palazzo Graziani (a San Marino) sino al 4 ottobre in occasione del Premio Ilaria Alpi.


Nella mostra, “Ukraina Revolution”, trova spazio anche una selezione di scatti dalla rivoluzione del Maidan, la Piazza dell’Indipendenza a Kiev, che conosce il suo tragico epilogo negli scontri tra manifestanti e polizia dove, tra il 18 e il 20 febbraio, si sono contati quasi cento morti, in buona parte da imputare ai cecchini delle forze governative. Un punto d’inizio di una grave crisi sfociata in un conflitto armato nell’est del Paese fra esercito regolare e ribelli separatisti. Entrambe le storie riprese da Andy sono una la conseguenza dell’altra e sul sito di Cesura (il collettivo fondato nel 2008 da Andy Rocchelli, Arianna Arcara, Gabriele Michalizzi, Alessandro Sala e Luca Santese) c’è un’interaphotogallery dedicata al progetto “Ukraina Revolution”.


mercoledì 4 giugno 2014

Altheo "Fotografia": La scomparsa di un maestro della fotografia: Michael Schmidt.




Qualche breve riflessione sulla scomparsa di un grande autore della fotografia contemporanea: il tedesco Michael Schmidt.
Se ne è andato il 24 maggio 2014, all'eta di 68 anni. La sua opera rimane un esempio molto chiaro di assoluto rigore espressivo, di volontà continua di affinamento dello stile e desiderio incessante di ricerca. Quest'ultimo aspetto l'aveva non solo portato a documentare luoghi, ambienti e corpi, ma anche determinati processi produttivi che riguardano l'intera società occidentale (ma non solo).
Con il suo lavoro intitolato Alimenti (Lebensmittel), presentato anche nell'ambito della 55a Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, aveva realizzato un progetto lungo e minuzioso durato molti anni.
In questo periodo, il fotografo tedesco ha cercato di documentare (e comprendere a pieno) i processi di produzione degli alimenti che tutti noi consumiamo ogni giorno. Ha visionato, "schedato" e riprodotto fotograficamente grandi strutture industriali, coltivazioni di tutti i generi, allevamenti di ogni tipo di animale, procedimenti di produzione alimentare.



Il suo sguardo ha, così, edificato un gigantesco e preoccupante mosaico visuale che intende rivelare al fruitore il sistema mondiale dell'alimentazione, commercializzazione compresa. Ma il suo sforzo di documentazione, cioè di informazione, ha anche permesso di chiarire come l'impianto produttivo internazionale del sistema dell'alimentazione possa andare avanti anche grazie all'enorme mole di lavoro svolto da anonimi lavoratori.
Inquadrature dalle particolari sfumature cromatiche si alternano a frame in bianco e nero, oggettivamente inquietanti. Tale miscuglio non può che provocare in chi guarda una sorta di senso di nausea legato più che al cibo, in quanto tale, al meccanismo connesso al profitto ottenuto tramite gli impulsi consumistici generati dall'industria.
Ma a parte questo lavoro non bisogna dimenticare le visioni di Michael Schmidt che scaturiscono dalla relazione interiore con la città in cui è nato: Berlino. Le fotografie restituiscono una dimensione dell'universo cittadino straniante, un universo apparentemente saldo e graniticamente algido. In particolare, alcuni vacui spazi berlinesi (pubblicati nel libro Berlin Nach 1945 - Steidl, 2005)raffigurati nella loro rigida insensatezza e (presunta) razionalità forniscono al fruitore la dimensione di un ambiente privo di un centro di gravità permanente, ingabbiato in una specie di indefinibile condizione di speranza. I margini incerti e frastagliati della metropoli, interstizi indecifrabili individuati tra la sfera urbana e terreni di nessuno, producono contraddizioni visive e si manifestano come aree senza identità, non in grado di fornire un significato univoco dell'esistente ma capaci, incredibilmente, di stimolare l'immaginazione individuale e collettiva.
Michael Schmidt rimane un esempio di limpido spessore creativo, di forza pura e mentale dello sguardo e di profondità creativa che mi sembra appropriato collocare in una posizione centrale nella storia della fotografia europea del XX secolo.



Altheo "inchiesta": Fotografia Europea è un calvario per i disabili.





Vedere le mostre di Fotografia Europea in centro storico non dovrebbe essere un'impresa ciclopica. Invece lo è, almeno per chi ha difficoltà motorie ed è costretto a muoversi su una sedia a rotelle. E di certo non può farcela da solo. Ma è quasi un'impresa anche per chi voglia o debba più semplicemente farlo con figli e passeggino al seguito. Troppi gli ostacoli, gli scalini e le scalinate, gli ascensori che non ci sono e che quando ci sono non funzionano. E poi le strade e l'acciottolato, spesso sconnesso, in cui una persona su una sedia a rotelle può restare bloccata.
Ci sono mostre collocate in luoghi bellissimi ma inaccessibili che una persona con difficoltà motorie in cui non riesce proprio a entrare. Come "l'atelier" di via dei Due Gobbi, dove nessuno pretende che venga montato un ascensore apposito, ma ai Musei Civici e alla Galleria Parmeggiani, che sono luoghi pubblici, forse sì.
Un tour difficile quello iniziato a Palazzo Magnani dove i gradini bloccano l'accesso e solo se una persona è accompagnata può farcela a entrare. Si debbono infatti salire le scale per chiedere di poter utilizzare l'ascensore posto nell'ingresso a lato e che ti consente l'accesso attraverso un locale adibito a magazzino e a ripostiglio. In biglietteria la prima sorpresa: per i portatori di handicap l'ingresso è a prezzo ridotto e anziché di 9 euro se ne pagano 7, mentre l'accompagnatore ha l'ingresso gratuito. Una scelta perlomeno curiosa, quella della Provincia e della Fondazione, che presuppone che il portatore di handicap non sia autonomo e non possa visitare da solo e con l'ausilio dell'ascensore la mostra collocata su due piani.
Poi tra scossoni e sballottamenti si arriva all'ex Sinagoga. Anche qui all'ingresso s'incappa in un gradino. Superato l'ostacolo, si accede alla sala che si può visitare quasi per intero. Quello che non si può visitare è la mostra posta al piano superore, a cui si arriva con l'apposita scala di ferro. Non si riesce a salire, a meno di accettare l'aiuto dei gentilissimi addetti che si offrono di sollevare di peso la persona e la sedia rotelle e di accompagnarla al piano superiore. Lasciata la Sinagoga, si arriva alla Galleria Parmeggiani, dove l'addetto gentilmente informa che «purtroppo l'ascensore ha dei problemi ed è inutilizzabile». Peccato: due mostre fotografiche sono proprio al primo piano, dove si accede solo per una strettissima scala.
La visita prosegue ai Musei Civici, dove ti accoglie la scalinata principale e l'indicazione che l'ingresso per portatori di handicap è sul lato. Ma il campanello di chiamata è posto a un'altezza non raggiungibile da una persona su una sedia a rotelle e un cartello informa di non suonare ma di recarsi all'ingresso di via Spallanzani e chi non può camminare e non è accompagnato, resta definitivamente bloccato.
Ultima tappa i chiostri di San Domenico, dove ad accogliere il visitatore è un curato cortile in ghiaia che inghiotte metà delle ruote. Un altro sforzo per raggiungere le sale collegate da percorsi e passerelle volanti, ma praticabili, che consentono di visitare una parte delle mostre. Sempre se la persona è accompagnata. Da sola forse avrebbe fatto meglio a restare a casa: si sarebbe sentita meno a disagio.




Altheo "Design": Librerie di design: tanti spunti e idee.






Librerie di design: tanti spunti e idee per arredare la tua casa con stile e gusto. Complementi di arredo ideati soprattutto per ospitare libri, le librerie di design col tempo si sono trasformati in accessori per decorare le proprie stanze, soprattutto quelle della zona giorno, e per ospitare numerosi pezzi unici. Considerate come mobili espositivi, queste vanno scelte in base al proprio gusto personale e anche in base al carattere della propria dimora ma puntare su un modello classico e basico spesso non basta, anzi è necessario scegliere qualcosa di unico e sublime per trasformare, con il tocco giusto, la propria casa. Siete pronti a rivoluzionare il salotto, e non solo, con le più belle librerie di design?
Ciò che in molti sanno è che con le librerie si può arredare soggiorno e corridoio ma anche creare separazioni in ambienti open space. Con queste si può arricchire il proprio ingresso ma anche realizzare una zona lettura/relax in camera da letto. Ovviamente, sono perfette anche in ufficio e, perché no, nella stanza dei bambini. Insomma, con una bella libreria di design si possono riempire numerosi spazi e decorarli con elementi unici, ma quali sono quelle che vale la pena far entrare nella propria casa?
Uno dei modelli più belli è sicuramente quella di Tonin Casa. Si chiama Onda proprio per via del suo disegno che ricorda il movimento ondulato tipico del mare. Ha una struttura semplice ma al posto degli assi verticali dritti è caratterizzata da divisori mossi. Niente male, non trovate? Strutture interne particolari sono state scelte anche per la Shanghai di Alivar, dal fascino geometrico ma irregolare, e dalla Baum di Porada, che sembra sempre sul punto di cadere, un po’ come la torre di Pisa.



Tra le librerie più belle e di design c’è anche la Cloud di Cappellini, che si presenta come una nuvola all’interno della quale ci sono delle cornici tonde che contengono tutto il necessario, e laFluid di Desalto, che si presenta come una gabbia verticale. Che ne pensate delle librerie componibili di design? Ce ne sono tantissime e alle quali difficilmente si riesce a resistere proprio perché si possono modulare in base ai propri gusti. Tra queste vi segnaliamo la Stacked di Mutoe la deliziosa Honeycomb di Quinze & Milan.



martedì 3 giugno 2014

Altheo "people": Stefania Sergi, una poesia per una scultura.




La scultura di Stefania Sergi si vive a fior di pelle in un alto grado di sentimento che ha una caratteristica della donna nella sua costituzione psicologica. Un dono profondo che marca la natura di chi sa proiettare su se stesso questo essere sconosciuto che è il mondo interiore che possediamo.
Il corpo rappresenta la singolarità di un essere, una goccia, il mare rappresenta per lei la vita, parte del suo stesso corpo.. I dialoghi fra loro finiscono come un’onda lunga che si protrae mutando sensazioni, umori, colori. E il linguaggio nasce assieme all’emozione dando spazio a momenti che fanno mancare il respiro. 

Tutte queste situazioni, questi eventi, si susseguono attraverso spazi di vita psicologica e interiore.
Se mi interrogo sulla ricerca estetica di questa opera è perché voglio entrare nel processo che nasce dalla poesia per raggiungere la scultura
Tutti noi abbiamo bisogno di questa Artista per continuare a ricercare dentro di noi queste fonti, queste forze interne della nostra natura, è soltanto con lei Stefania può creare o meglio, sentirla.


Marcia Theophilo




Stefania Sergi

Grazie Marcia Theophilo,, grazie Poeta, indomita e lirica combattente in favore di quell’infinita cattedrale verde, la selva amazzonica, sa infondere, con i suoi versi intrisi di passione e di ancestrali memorie, emozioni profonde e sensazioni incancellabili. 

Sosteniamo La candidata al Premio Nobel letteratura 2014, diamo voce a lei per le nostre voci silenti.

Stefania Sergi

Altheo "Moda": Rihanna regina della moda per il 2014. E lei si presenta (quasi) nuda.




Icona della moda: il 2 giugno, al Lincoln CenterRihanna ha ricevuto il Fashion Icon Award 2014 dal Council of Fashion Designers of America per aver, a modo suo, lasciato un segno indelebile nella moda.
E senza dubbio, il look scelto dalla popstar originaria di Barbados per ritirare il premio non passerà certo inosservato: praticamente nuda, ricoperta soltanto da un velo di 216.000 cristalli Swarovski (l’abito è di Adam Selman)
Ma Rihanna è Rihanna, non ha paura di osare, sia sul red carpet che fuori, e la trasparenza le piace tantissmo. Il buon gusto non è sempre presente nel suo armadio, ma quando si parla di stile non necessariamente si parla di “eleganza”. Dalla sua ci sta che per ben sei volte si è conquistata lacover di Vogue Anna Wintour e questo non è poco.
Prima di lei, il premio è stato assegnato a Kate Moss, Lady Gaga, Iman e Nicole Kidman.