domenica 28 ottobre 2012

Altheo "le foto che hanno fatto discutere": Robert Wilson, Loch Ness.


Le foto che hanno fatto discutere.
Robert Wilson: Loch Ness.

Tratto da Il supplemento di Altheo Magazine: Scientia Antiquitatis






La storia rimase però circoscritta fino al 1933, quando una nuova strada rese l'accesso al Loch più facile e rese il luogo ben visibile dalla riva settentrionale. Da allora in poi si susseguirono i resoconti di avvistamenti della misteriosa creatura.
Nel 1933 venne pubblicata l'immagine più famosa di Nessie, con il collo e la testa che affiorano dalle acque cupe del loch.
La foto, scattata da un rispettabile ginecologo, il colonnello Robert Wilson, rese il mostro una superstar mondiale.
Nel 1994 la stessa foto finì nuovamente sulle prime pagine dei giornali - quando un conoscente di Wilson, Christian Spurling, confessò in punto di morte che il soggetto era un pezzo di plastica attaccato a un sottomarino giocattolo.





La storia del mostro più famoso del mondo nasce nel lontano marzo del 1933, quando fra gli abitanti dei villaggi scozzesi comincia a circolare una leggenda tramandata fin dal 665 dopo Cristo. Eccola: nel Loch Ness (Loch, nell' antico dialetto locale gaelico, significa "lago") vive un essere enorme e misterioso.
Per scoprire se la storia è vera, qualche mese dopo il giornale inglese Daily Mail ingaggia un famoso esploratore, dallo stravagante nome di Marmaduke Wetherell.
Pieno di entusiasmo, il grand' uomo si precipita in Scozia e in poco tempo, praticamente nel giro di tre giorni, riesce in una straordinaria impresa: fotografare le orme del mostro! Si tratta di due impronte chiarissime, del diametro di una ventina di centimetri, che potrebbero essere state lasciate solo da un animale alto almeno sei metri.





E così, il 18 dicembre, il Daily Mail pubblica in prima pagina la grande notizia: "Il mostro di Loch Ness è un fatto, non una leggenda". Incauta affermazione! Neanche una settimana dopo, il Museo londinese di Storia Naturale, a cui erano stati inviati i calchi delle impronte, comunica che le suddette non hanno nulla a che vedere con mostri, ma sono state lasciate da zoccoli essiccati di ippopotamo (che ai quei tempi erano usati come sostegno per gli ombrelloni da spiaggia). Per Marmaduke è uno smacco terribile.
Ma la riabilitazione è vicina: tre mesi dopo un medico londinese, Robert Wilson, consegna al Daily Mail una prova inconfutabile: la storica foto in cui dalla superficie del lago emerge il collo lunghissimo di una specie di sauro preistorico.
L'ha scattata, dice, per caso. Per questo l'immagine non è molto chiara. Ma tanto basta per far nascere ufficialmente "Nessie".
Da quel giorno il lago non ha più avuto pace: curiosi e scienziati si sono avvicendati sulle sue rive per trovare altre prove dell' esistenza del mostro. Sonar e palombari, sommergibili e scandagli hanno percorso in lungo e in largo le acque misteriose, ma ogni volta Nessie si è fatto beffe dei suoi cacciatori e delle loro apparecchiature.
Sì, qualche volta è ancora apparso in qualche immagine poco nitida o è spuntato in mezzo al lago in una sera nebbiosa, ma nessuno è mai riuscito a mettergli il laccio al collo.
Né, probabilmente, mai ci riuscirà. Sì, perché l'ultimo discendente di Marmaduke, il figliastro Christian Spurling, scomparso novantenne nel novembre del 1993, prima di morire ha confessato che la famosa foto di Nessie era un trucco: il mostro altro non era che un sottomarino giocattolo a cui era stato incollato un collo serpentino fatto di pasta di legno! Lo scherzo era stato ideato da Marmaduke stesso per vendicarsi di coloro che avevano riso delle sue impronte.





Altheo "Fotografia del XX secolo": Werner Bischof.

Altheo "Fotografia del XX secolo": Werner Bischof.




Werner Bischof è uno dei fotoreporter di maggior spicco a livello internazionale del dopoguerra.
La sua carriera si sviluppa in aperto contrasto con la sua formazione: dal 1932 al 1936, studia infatti alla Scuola di arti applicate di Zurigo con il fotografo Hans Finsler legato alla nuova Oggettività, percorrendo quindi in un primo tempo, con grande precisione e perfezione, la strada della fotografia realistica e di moda.
Nel 1942, entra a far parte, come collaboratore fisso, della redazione della rivista svizzera "Du" per la quale svolge principalmente l'attività di fotografo di moda.
Nel 1945 intraprende un viaggio attraverso l'Europa per documentare i disastri della guerra.
In questo periodo incomincia, però, ad interessarsi di più alla stampa internazionale e, nel 1949, entra a far parte del gruppo Magnum.




Benchè dedicandosi al fotoreportage abbia dovuto modificare il suo modo di lavorare, non conta più infatti l'immagine preparata ed elaborata in studio, bensì il momento reale, che è impossibile programmare, il fotografo svizzero continua a conservare intatta la sua sensibilità per la perfezione tecnica, per la luce come elemento creativo e per la struttura formale delle immagini.
Nel 1951, per conto della rivista americana "Vogue" attraversa l'India settentrionale,  centrale e la provincia di Bihar devastata dalla carestia.






Con il reportage "Carestia in India" Bischof riscuote il primo successo internazionale.
Sebbene l'estrema povertà della popolazione indiana lo abbia scosso, in questi documenti l'artista svizzero rimane un osservatore distaccato che, anche nelle situazioni estreme, mantiene il senso della composizione.
In qualità di fotoreporter Bischof visita negli anni seguenti, tra gli altri, il Giappone, Hong Kong, l'Indocina e la Corea: come sempre nei suoi viaggi, lo affascinano i bambini che, segnati dalla povertà e dalla guerra, spesso rivelano una stupefacente autonomia.
A Pusan, in Corea, ritrae tre ragazzi vestiti di stracci che raggranellano qualche soldo alla stazione facendo i lustrascarpe.




Una delle sue fotografie più famose con i bambini per soggetto, è "Ragazzo che suona il flauto nei pressi di Cuzco, Perù": è un'opera che l'artista realizza proprio prima di morire in un incidente sulle Ande peruviane.






sabato 22 settembre 2012

Altheo " Immortali": Andy Warhol.

Altheo " Immortali": Andy Warhol.
Andrew Warhola.
6 agosto 1928: Pittsburgh, Pennsylvania. USA.  22 Febbraio 1987: New York, USA.
Re della Pop Art, stesure di colore acceso su immagini serigrafate; ritrae personaggi  celebri e prodotti di consumo di massa; regista sperimentale.


 
 
Andy Warhol è considerato uno degli artisti più influenti del ventesimo secolo grazie all'impatto universale che la sua tecnica e la sua concezione della pratica artistica ebbero sull'arte postmoderna.
Dopo essersi laureato in disegno pittorico presso la Carnegie Mellon University, Warhol lavorò inizialmente come grafico pubblicitario.
Nel corso degli anni Cinquanta diventò un illustratore di successo, ideando pubblicità per importanti aziende come la Miller Shoes; allo stesso tempo si occupò di scenografie e illustrazioni per i libri.
Nel 1956, le sue opere comparvero per la prima volta in una mostra collettiva al Museum of Modern Art di New York.
Warhol iniziò le sue sperimentazioni con la pittura nei primi anni  Sessanta, usando come base i fumetti di Braccio di  Ferro e Superman.
Alla sua prima personale alla Ferus Gallery espose la serie ispirata alle trentadue varietà di zuppe Campbell in barattolo.
 
 
 
 
I lavori realizzati in quegli anni avevano lo scopo di commentare la natura massificata e serializzata di ogni aspetto della cultura statunitense, attraverso la riproduzione degli omnipresenti prodotti commerciali e di icone celebri.
Per esempio, le immagini delle lattine di zuppa Campbell rappresentavano la desensibilizzazione crescente nei confronti dell'uniformazione dei beni di consumo, mentre l'immagine del volto di Marilyn Monroe è divenuta un'icona vistosa e "prefeconfezionata".
L'ossessione di Warhol per il cinema si manifestava nelle serie ispirate a Elvis Presley, Marlon Brando ed Elizabeth Taylor, che dimostrano come la ripetizione compulsiva delle immagini si esprima per sempre nella nostra mente.
 
 
 
 
 
Le sue raffigurazioni di disastri, episodi di cronaca nera e scontri razziali, basate sulla rielaborazione di ritagli di giornale, si contrappongono nettamente a quelle degli idoli di culto e di prodotti banali.
Le opere che raffigurano le sedie elettriche affrontano con impegno politico il tema della pena di morte; quelle su Jackie Kennedy, ritratta poco dopo il violento assassinio del marito, sono un promemoria della forte tensione del tempo.
L'iconografia di Warhol negli anni Sessanta evidenzia l'aspetto effimero della fama e la realtà della morte.
Le opere di spicco degli anni Settanta in poi includono ritratti del leader comunista Mao Zedong e dipinti commissionati da celebrità desiderose di essere immortalate nel classico stile Warhol.
Negli anni Ottanta, il noto autore collaborò con giovani artisti come Jean-Michel Basquiat e dipinse il simbolo del dollaro per condannare le speculazione oltraggiose in atto sul mercato dell'arte contemporanea. 
 
 
 
 
 
 
 
L'opera di Warhol, derivata dall'arte di massa, prodotta in serie, pose le mani per la pop art e salda senza cuciture gli aspetti convenzionali dell'arte alla vita quotidiana.
La pop art riflette una società saturata e dominata dalla mercificazione e dal consumismo.
Warhol arrivò a dichiarare:"Osservando un oggetto abbastanza a lungo, esso perde qualsiasi significato".
Ciononostante, Warhol abbracciò pienamente la cultura della produzione in serie per produrre le sue serigrafie "a ciclo continuo"; gli assistenti del suo studio contribuivano alla realizzazione delle sue opere, cosicchè la mano dell'artista scompare intenzionalmente dal prodotto finito.
Oltre all'eliminazione della paternità autoriale, la pop art si caratterizza stilisticamente per l'uso di colori decisi e vivaci: l'autore spesso manipola l'originale introducendo tinte elettrizzanti per sottolieare la facciata superficiale delle icone statunitensi.
Warhol seppe catapultare l'arte verso una nuova direzione; ma  era anche noto per la sua presenza teatrale e la vita lussuosa che ruotava attorno alla sua Factory, lo studio che fungeva anche da luogo di intrattenimento.
Amava frequentare diversi gruppi sociali, dall'èlite di Hollywood agli eccentrici bohèmien, e diventò lui stesso personaggio di culto.
 
 
 
 
Unico ed incredibile è stato il suo incontro ad una festa con la voce dei Doors, Jim Morrison.
Gli autoritratti che realizzò in diversi momenti della carriera enfatizzano il suo desiderio di raggiungere la celebrità.
Produsse anche film d'avanguardia, tra cui "La mia marchetta" (1965) e "Le ragazze di Chelsea" (1966), che indagano la cultura gay e la sperimentazione sessuale.
Firmò la celebre copertina dell'albun "The Velvet Underground and Nico" e nel 1969 fu cofondatore di "Interview", una rivista di intrattenimento e cultura mediatica.
 
 
 
 
 
Ho sparato a Andy Warhol
 
 
 
 
Nel 1968 la scrittrice femminista Valerie Solanas sparò a Warhol.
La Solanas, che viveva di prostituzione, era nota per aver scritto il manifesto Scum (Society fot Cutting Up Men), che analizza le potenzialità di una società popolata solo da donne.
Dopo aver conosciuto Warhol a New York, la donna gli chiese di produrre il suo dramma teatrale "Up your ass" (1966).
L'artista non solo rifiutò, ma non le retituì nemmeno il copione.
In seguito Warhol cedette all'insistenza e alle molestie della donna, dandole una parte nel film "Io,un uomo": (1968).
 
 
 
Non contenta la donna aspettò l'artista alla Factory e gli sparò, colpendo anche il suo manager Fred Hughes e il critico d'arte Mario Anaya.
Warhol sopravvisse, ma non guarì del tutto dalle ferite.
Valerie Solanas si consegnò alla polizia, dichiarando di aver sparato all'artista perchè "aveva troppo potere su di lei".
Venne condannata a una pena di tre anni, sebbene Warhol non avesse sporto denuncia.
Dall'episodio nel 1996 è stato tratto il film: "Ho sparato a Andy Warhol".
 
 
 
 
Altre due sparatorie si susseguirono alla Factory: durante la prima uno sconosciuto sparò colpi in aria; la seconda ebbe come protagonista l'attrice Dorothy Ponder, che prese di mira quattro immagini di Marilyn Monroe, durante una sorta di strampalato happening artistico.
I dipinti colpiti aumentarono di valore dopo l'accaduto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 20 settembre 2012

Altheo "Moda": Le donne aristocratiche di Gucci.

Aristocratiche le donne di Gucci, interpretano alla lettera il senso dello chic.

 


Una nuova aristocrazia di forme, contenuti ed espressioni quella che e' andata in scena oggi sulla passerella milanese di Gucci.
Frida Giannini, per la prossima primavera estate, immagina una donna elegante, essenziale e capace di interpretare alla lettera il vero significato dello chic.
Una collezione purista nei tagli e nei colori che sono pieni e assoluti, interrotti da accenni esotici. Sofisticata ed essenziale, senza rinunciare alla sensualita' che irrompe nei tagli improvvisi e negli accessori in vernice.
"Sono ritratti di donne aristocratiche, spiega, che sprigionano allure con un'estetica pulita, precisa, definita. L'ispirazione e' partita guardando le foto storiche di Richard Avedon e di Gian Paolo Barbieri.
Con le loro donne-icona".
L'effetto tunica e' assicurato da capospalla lineari, giacche-camicia, bluse a collo alto da portare con pantaloni morbidi. In passerella scivolano abiti corti egg shape o super lunghi, affusolati.
La severita' e' talvolta solo apparente, mediata da spacchi profondi intagli sulla schiena come le tele di Lucio Fontana.
La palette di colori spazia tra nuance in azalea squillante, giallo sidro acidulato, blu elettrico.
Stratificazioni di gazare per onde di volant disegnano gli scolli, mentre le maniche a calice danno volume nei cocktail dress.
Per la sera total black e total white in un'alternanza dai tratti precisi e affilati con organza mescolata al tulle ricamato in una rete geometrica.
Volant imponenti nelle maniche dalla linea a kimono ridefiniscono i tratti di un lungo abito di un bianco lucente. E lo trasformano in una scultura onirica.
Tra gli accessori emerge una passione spiccata per la vernice ad alta gradazione cromatica ma sempre abbinata alla nuance degli abiti, creando un unicum visivo.
I sandali a gabbia hanno una cavigliera decorata con il morsetto, mentre i bootie sono portati sotto i pantaloni.
 
 

mercoledì 19 settembre 2012

Altheo "Proposte": "Picasso Desnudo": Dario Fo e Franca Rame.

Il 19 settembre al Teatro Dal Verme di Milano "Picasso Desnudo", una nuova lezione d'arte del Nobel e di Franca Rame.
Per l'occasione Fo ha riprodotto alcune opere: "non volevamo svenare il Comune".



Dario Fo ci riprova. Dopo il successo di Bottega d'Artista, la lezione performance dal vivo associata alla sua mostra lazzi sberleffi e dipinti Lazzi, il Nobel per la letteratura torna in teatro con la moglie Franca Rame, per parlare d'arte. L'occasione questa volta è l'attesissima mostra di Picasso che giovedì 20 settembre aprirà a Palazzo Reale, per la gioia dei 150 visitatori che hanno già prenotato. lezioni spettacolo con "Falso d'Autore.
Mercoledì 19 settembre, alle ore 21.00, la coppia Fo-Rame porterà sul palcoscenico del Teatro Dal Verme una lezione-spettacolo inedita, dedicata all'indiscusso genio della pittura del Novecento e scritta proprio in occasione della mostra milanese, grazie ad un importante sforzo documentativo nelle biblioteche di varie città italiane.
La vita e le opere di Pablo Picasso rivivranno sul palco attraverso un racconto che ne ripercorrerà tutti i periodi: dal rapporto di Picasso con la Commedia dell'Arte, al grande interesse che il pittore catalano nutriva verso l'arte italiana e, in particolare, verso i grandi maestri del Rinascimento, comprese le loro scelte politiche e anche i loro amori.

 


E non è finita. Per completare il quadro coreografico dell'evento Fo stupirà gli spettatori portando sulla scena anche una serie di tavole di falsi d'autore tratti dai maggiori capolavori di Picasso e da lui rivisitati con la sua "bottega". "Per evitare polemiche con gli eredi del grande artista.
E soprattutto per non essere costretti a sborsare cifre esorbitanti", precisa Fo con la sua solita ironia.
"Durante le prove dello spettacolo - racconta ora il premio Nobel per spiegare come è nata l'idea - all'improvviso è sorto un dubbio, con tutto che noi, come compagnia teatrale, si stia lavorando a vantaggio della mostra stessa: qualcuno ha ricordato che l'agenzia che raccoglie i diritti d'autore per gli eredi di Picasso, in situazioni analoghe ha bloccato la produzione (in un caso addirittura fatto sospendere un film sull'artista già girato e prodotto) con la richiesta che venissero pagati i diritti sulle opere riprodotte.
Nel nostro caso noi mettiamo in scena uno spettacolo completamente aperto al pubblico, a ingresso gratuito, non percepiamo alcun vantaggio economico di sorta.
È come se all'istante, in un'Accademia o in una Università, in seguito a una serie di lezioni su un artista di grande valore, pittore, architetto, musicista... si presentassero gli incaricati della società degli autori per riscuotere una congrua mercè.
È paradossale, infatti non esiste".
E allora lui e la sua compagnia che cosa hanno pensato? Di rifarli. "Abbiamo avuto un'idea, mi permetto di dire geniale - continua Fo -. Sullo schermo non proietteremo opere originali di Picasso ma soltanto riproduzioni rielaborate da me. Come dire, dei falsi. Sui falsi non si può mettere una tassa. Sono sicuro che nell'aldilà, in questo momento, Picasso se la sta ridendo come un matto".
E non ne dubitiamo. Tra l'altro non sarebbe la prima volta che Fo imita Picasso e Picasso... ci scherza su.


 


Nel '51, lo studente all'ultimo anno di Brera e futuro Nobel inscenò coi compagni una finta visita del pittore a Milano. "Eravamo andati a Parigi a invitarlo e lui promise che sarebbe venuto, ma poi scelse Roma", ricorda Fo. Così si ordì una vendetta in burla sfruttando la somiglianza di un tizio che lavorava in Accademia.
Lo spacciarono per Picasso buggerando giornalisti, salottieri e fan convocati ai filodrammatici per uno spettacolo di clown e jazz, al termine del quale "l'ospite" si tradì con un'imprecazione in milanese, tra l'acclamazione generale.
Il clamore suscitato dall'impresa fu tale che giunse perfino all'orecchio di Picasso in persona, il quale ne rimase talmente colpito da escamare: "Non sapevo che i milanesi fossero così spiritosi, ci andrò". Beh, non proprio tutti lo sono. Ma così fece.
Due anni dopo arrivò con "Guernica", che sarebbe dovuta rimanere a New York fino alla caduta di Franco, nella Sala delle cariatidi sfregiata dai bombardamenti. 
L'ironia d'altra parte non mancherà nemmeno nella sua lezione-spettacolo. L'impresa della "falsificazione" è stata, infatti, tutt'altro che facile sul piano artistico e organizzativo perché si è trattato di ridare colore a molti disegni e quadri, cambiar loro le dimensioni, "con i giovani pittori della mia bottega ci siamo rimboccati le maniche: due mesi di lavoro, con la casa invasa dai Picasso... Ho preso così la mano che se anche eseguo la mia firma, scrivo Picasso", scherza Fo. E per fortuna ne ha rifatto solo una selezione.
"Picasso desnudo" racconterà anche di questa genialità prolifica di Picasso che in 90 anni di vita si è inventato come artista e come uomo numerose volte.
"Picasso aveva un amore straordinario per la pittura italiana e anche per il nostro teatro. - sottolinea Fo - Era un appassionato delle maschere del Teatro all'Italiana, tanto che ha riprodotto più volte nei suoi dipinti i personaggi della Commedia dell'Arte a cominciare da Arlecchino che ha riprodotto in tutte le forme, e nelle situazioni più disparate.
Poi c'è la passione di Picasso per Raffaello, gli amori del Maestro di Urbino con la sua Fornarina, che lui porta verso un erotismo esasperato.


 



Picasso ha realizzato centinaia fra quadri e incisioni sul tema del sesso, dell'amore con gusto ironico e grottesco quasi da pochade (genere di commedia, nata a Parigi nel XIX secolo, strutturata su canovacci di vicende amorose, intrighi e colpi ad effetto, NdB)". In fondo il lavoro che Fo e Rame fanno in queste loro lezioni d'arte consiste proprio nell'aprire nuove porte nel racconto e nel disvelamento degli artisti, come si era già visto in quelle sui grandi del Rinascimento da Leonardo, a Mantegna, a Caravaggio che sono stati tolti dalla leggenda e ritrasportandoli nel loro tempo e nella loro storia. "Picasso, per esempio, è interessante anche dal punto di vista politico, conclude Fo, e non solo per un quadro come Guernica.
È stato uno dei pochi personaggi illustri coerenti durante il franchismo: aveva dichiarato che non sarebbe mai tornato in Spagna finché il regime non fosse stato definitivamente deposto. E così ha fatto".
Questa sera dunque l'ultima occasione per assistere alla lezione-spettacolo con "falso d'autore" che promette di essere molto "frizzante".
L'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti. In concomitanza con lo spettacolo verrà pubblicato un volume che raccoglie il testo dei dialoghi e delle fabulazioni recitate sul palcoscenico, assieme alle duecento immagini che verranno proiettate durante la lezione.
La lezione su Picasso di Dario Fo non è però l'unico evento che la città di Milano ha voluto tributare alla grande mostra. L'Assessorato alla Cultura ha messo sul piatto diversi eventi per "preparare e accompagnare" la città alla terza volta di Picasso a Milano, segno che si crede molto in questa mostra. E, d'altra parte, non potrebbe essere altrimenti visti i numeri delle prenotazioni. Un successo annunciato.
Nella foto di apertura "Le tante vite di Picasso", uno dei 50 dipinti creati da Dario Fo e dalla sua "Bottega".


 

lunedì 17 settembre 2012

Altheo "Incontri musicali": Milano Live.

I concerti a Milano, settimana dal 17 al 23 settembre.
 
 
 
 
 
Si torna nel pieno della attività live, con una serie di grandi nomi della musica italiana e internazionale di passaggio nel capoluogo lombardo.
Quella dal 17 al 23 settembre si preannuncia come una settimana ricca di eventi musicali di grande interesse per la città di Milano.
Si comincia oggi con un concerto inserito nell'ambito di MITO Settembre Musica.
Al Teatro Strehler si esibirà il jazzista Paolo Fresu, che per l'occasione avrà al suo fianco il pianista americano Uri Caine. Dalla collaborazione tra i due musicisti hanno visto la luce due fortunati dischi: Things del 2006 e Think del 2009.
Nella seconda parte del concerto il Paolo Fresu Quintet, diretto dal maestro Giulio Libano, si esibirà con il quartetto d'archi Alborada String Quartet. Martedì 18 al Teatro degli Arcimboldi sarà di scena Norah Jones.
 
 
 
 
La cantautrice americana, già esibitasi in Italia in estate al Summer Festival di Lucca, presenterà i suoi maggiori successi oltre ai brani dell'ultimo album "Little Broken Hearts". L'artista statunitense ha pubblicato cinque dischi di grande successo, vendendo 40 milioni di dischi in tutto il mondo dal 2002 ad oggi.
L'artista, già vincitrice di nove Grammy, ha al suo attivo importanti collaborazioni come quella che nel 2006 l'ha vista duettare con Ray Charles.
Sempre martedì 18 al Carroponte di Sesto San Giovanni si terrà il concerto degli Afterhours.
La storica rock band italiana nata nel 1986 presenterà i brani dell'ultimo, fortunato album "Padania". Il lavoro ha visto il ritorno nel gruppo del chitarrista storico Xabier Iriondo ed è giunto al secondo posto della classifica degli album più venduti nel nostro paese, rimanendovi per 9 settimane.
Sempre al Carroponte di Sesto San Giovanni, mercoledì 19 si esibirà Samuele Bersani.
 
 
 

 
Il cantautore 41enne è impegnato nello "Psyco Tour" che promuove il suo ultimo disco "Psyco - 20 anni di canzoni" uscito lo scorso febbraio.
L'artista è considerato uno dei migliori cantautori della nuova generazione, dotato di una scrittura ironica e poetica allo stesso tempo.
All'ultimo Festival di Sanremo Bersani ha partecipato con il brano "Il pallone" che è stato insignito del Premio della critica.
Mercoledì 19 l'Alcatraz ospiterà il concerto della power metal band svedese Sabaton.
Il gruppo del cantante Joakim Brodén è reduce dal cambio di formazione avvenuto poco prima della pubblicazione dell'ultimo album "Carolus Rex".
Un appuntamento imperdibile per gli amanti del genere, che avranno inoltre l'occasione di vedere altre due band svedesi che apriranno la serata: gli Eluveitie e i Windsom.
Giovedì 20 al Carroponte di Sesto San Giovanni sarà di scena la musica carica di tradizione e contaminazioni di Alessandro Mannarino.
Il cantautore porterà sul palco lombardo le canzoni del suo ultimo album "Supersantos". 33 anni, due album all'attivo assieme a numerose collaborazioni televisive e radiofoniche, l'eclettico artista proporrà come al solito uno spettacolo impregnato di atmosfere circensi e teatrali.
Venerdì 21 ai Magazzini Generali Dan Snaith (in arte Caribou) proporrà un concerto all'insegna del suo indie rock dove atmosfere psishedeliche si mescolano a rock e suoni elettronici.
Tre album all'attivo ed alle spalle una disputa legale che l'ha costretto a modificare il proprio pseudonimo, il musicista candese ha pubblicato l'ultimo disco nel 2010. "SWIM", questo il nome del lavoro, ha segnato una svolta dance per la musica di Caribou.
Venerdì 21 al Blue Note si esibirà Nicola Conte, che replicherà anche sabato 22. Il dj e compositore italiano è in grado di fondere sapientemente la musica italiana degli anni 60' e 70' all'acid jazz ed alla bossa nova.
Un appuntamento per apprezzare il suo particolarissimo sound, affinato in un percorso creativo che ha dato vita a sette album, ultimo dei quali è l'ottimo "Love and Revolution" del 2011. Sabato 22 al Carroponte di Sesto San Giovanni andrà in scena il concerto dei Jarabe De Palo.
Il gruppo, capitanato dal cantante Pau Donés, è molto famoso ed amato nel nostro paese, sia per il grande successo del brano "La flaca" del 1998, sia per le numerose collaborazioni con artisti italiani come Jovanotti, Nicolò Fabi e Francesco Renga.
E' di giugno 2012 la pubblicazione del fortunatissimo singolo "Come un pittore" dei Modà, nel quale Pau Donés duetta con Kekko Silvestre. L'ultimo album del complesso iberico, intitolato "¿Y ahora qué hacemos?", è stato pubblicato nel 2011 e rappresenta il settimo lavoro in studio della band. Sempre sabato 22 sul palco del Teatro degli Arcimboldi si esibirà Paolo Conte.
 
 
 
 
Il concerto del cantautore astigiano, inserito nell'ambito della rassegna MITO SettembreMusica, è come sempre un evento imperdibile per il pubblico di ogni età. Il 75enne compositore piemontese, oltre a proporre alcuni dei brani più famosi del suo repertorio, farà ampio ricorso a brani dell'ultimo album "Nelson", pubblicato nel 2010. Domenica 23 al Carroponte si svolgerà la tappa del "Torno a casa a piedi Tour" della cantautrice Cristina Donà.
 
 
 

sabato 15 settembre 2012

Altheo "istanti": il viaggio di una madre. Renee C. Byer. 2007.

Altheo "istanti": Le foto vincitrici del Premio Pulitzer
"il viaggio di una madre". Renee C. Byer. 2007.


 


La morte di un proprio caro è terribile; quella di un bambino dopo una lunga malattia è una tragedia insopportabile.
La storia straziante di uno di questi bambini è stata immortalata da una serie di fotografie avvincenti da Renee C. Beyer. Il suo fotoracconto, pubblicato da Sacramento Bee, in California, si aggiudicò il  Premio Pulitzer.
Cyndie French, madre single del bambino e di altri quattro figli, incontrò Renee, una dei fotografi dello staff del Bee, a una conferenza nel maggio del 2005.
La conferenza riguardava i problemi dei giovani colpiti da gravi malattie.
Cyndie raccontò a Renee la storia di suo figlio Derek, di 10 anni, malato di una rara malattia infantile, il neuroblastoma, un tumore che insorge nelle cellule nervose e alla fine colpisce gli organi.
Mentre parlavano, nacque tra loro un rapporto speciale e Cyndie permise a Renee e alla reporter Cynthia Hubert di seguire la battaglia di Derek.
Le due giornaliste trascorsero un anno con la famiglia.
Accompagnarono Cyndie e Derek all'ospedale e videro la madre spingere il bambino sulla sedie a rotelle attraverso i corridoi per distrarlo dall'imminente visita medica.
Andarono in ambulatori e cliniche per innumerevoli esami di ogni genere. E passarono gran parte del tempo in casa di Cyndie.




Assistettero al graduale cambiamento della personalità di Derek a causa del dolore costante che ne detestava il corpo e sfociava in esplosioni di rabbia, a volte contro sua madre o i fratelli, altre contro niente o nessuno in particolare.
La storia si sviluppò su due piani. Innanzi tutto era il commovente resoconto dell'amore incondizionato di una madre per suo figlio, e inoltre mostrava la sua battaglia per mantenere unita la famiglia nonostante il lavoro perduto, le risorse limitate e gli estenuanti problemi di salute che alteravano le relazioni familiari.
Era una storia che Cyndie French voleva fosse raccontata affinchè altri nella sua stessa situazione potessero beneficiare di ciò che aveva imparato e della sua esperienza.
Derek chiamava le due giornaliste "le api" e finì per accettarle come parte della sua vita.
Si sentivano a loro agio e coltivavano il rapporto, e ne risultarono alcune delle fotografie più belle di tutto il fotoracconto. Le immagini di Renee Byer sono avvincenti e indimenticabili.

 


Ma catturano l'implacabile realtà di una battaglia quotidiana. E, andando oltre la malattia di Derek, ritraggono le difficoltà che ogni giorno la famiglia affrontava e superava, a dispetto delle scarse risorse.
Renee mise in campo la sua ventennale esperienza di fotogiornalista per assicurarsi che la storia fosse raccontata correttamente.
Le fotografie sono intime ma non invadenti, piene di valore umano ma non patetiche.
"In una situazione come quella", ha spiegato, "il tuo istinto di essere umano ti dice di  cercare di dare una mano. Ma come giornalista, devi fare un passo indietro e lasciare che le cose seguano il corso naturale.
Può essere molto, molto doloroso.
Stavo documentando una vicenda che doveva essere raccontata ed era un dono trovarmi lì.
Ebbi sempre la consapevolezza che ciò di cui ero testimone avrebbe portato una speranza ad altre famiglie".
Le condizione di Derek peggioravano gradualmente.
Perse peso e il dolore divenne insopportabile. Verso la fine dormiva per la maggior parte del tempo, ma Cyndie non lasciò mai il suo capezzale.

 


Derek morì tra le braccia della madre nella primavera del 2006.
In luglio il Bee pubblicò quattro lunghi articoli corredati da molte immagini.
Quando Renee ricevette il Premio Pulitzer, Cyndie la raggiunse in redazione e si abbracciarono.
I lettori risposero con entusiasmo agli articoli, un'ondata di sostegno e comprensione che permise a Cyndie French di lanciare un progetto per raccogliere fondi da destinare alle altre famiglie in lotta con gli stessi problemi che lei aveva affrontato.

 


Altheo "istanti": Morte violenta in Sudafrica. Greg Marinovich. 1991.
Altheo "istanti": Esecuzione a Saigon. Eddie Adams. 1969.
Altheo "istanti". Una contro mille. Oded Balilty. 2007.
Altheo "istanti": La bambina e l'avvoltoio. Kevin Carter. 1994.

giovedì 13 settembre 2012

Altheo "Icone fotografiche": Robert Capa. Morte di un miliziano lealista (Falling soldier). 1936.


Non ha documentato solo guerre. Ma sono state le immagini di guerra e renderlo famoso.
Il lascito di Robert Capa comprende oltre 70.000 negativi, la sua foto più celebre, però, è andata perduta.





Oggi il miliziano ha un nome, ma per decenni è stato il soldato ignoto, la vittima anonima della guerra.
Perchè questa foto è il simbolo della morte violenta, in guerra, di milioni di persone.
La didascalia dell'immagine è sempre stata stringata e generica: Loyalist Soldier, vi si leggeva di sotto.
Oppure Falling Soldier. O Loyalist Militia, termine con cui si identificavano i militanti anarco-sindacalisti che combattevano dalla  parte dei repubblicani, una definizione fin troppo precisa rispetto alla genericità dell'immagine.
Infatti, come vari critici hanno a ragione notato, questa foto trae e sprigiona la sua forza proprio dalla generalizzazione che fa della morte.
Presentandosi come un'immagine quasi senza tempo, poteva divenire un'icona della morte in senso più generale.
Nel 1984, durante le sue lezioni di poetica all'Università di Francoforte sul Meno, lo scrittore Peter Hartling era tornato a parlare della "mancanza di dati sul soldato", chiedendosi se non fosse giusto dare allo sconosciuto una sorte di identità, per lo meno per la durata di un racconto che oscillasse tra realtà e finzione.
"Non poteva essere un combattente sul modello di Mairaux o Hemingway", diceva Hartling, "piuttosto uno di quegli uomini anonimi che furono sotterrati tra le migliaia di altri anonimi nei grandi cimiteri sotto la luna", descritti da George Bernanos nel suo disperato atto d'accusa".
Oggi lo sappiamo: il soldato si chiamava Federico Borrell Garcia. Aveva 24 anni, proveniva da Alcoy, nel sud della Spagna, e morì il 5 settembre 1936 sul fronte di Cordova, per l'esattezza nella battaglia di Cerro Muriano.
La sua morte è documentata negli atti dell'archivio militare si Salamanca.
Il fotografo Robert  Capa, all'epoca ventituenne, fissò sulla pellicola il breve attimo della morte, realizzando al contempo la  sua foto più famosa.
Non esistono statistiche, ne dati di altro tipo sulla diffusione e la ricezione della foto.
Eppure gli storicie i biografi del fotografo sono concordi nell'assegnare a questa creazione artistica uno status singolare.




Richard Whealan, esperto di Capa, ne parla come "dell'istantanea più emozionante e diretta della guerra che sia mai stata realizzata". Russell Miller, nel suo libro Magnum uscito nel 1997, la definisce "la più grande foto di guerra mai scattata".
La rivista Stern (41/1996) ha riconosciuto nella foto "un simbolo della Guerra civile spagnola e in seguito del movimento antimilitarista in generale".
American Photo (maggio/giugno 1998) trovava che quella fosse "l'immagine più famosa" del "più importante tra tutti i fotografi di guerra".
Roiner Fabian, infine, nel suo contributo sui 130 anni di fotografia di guerra, parla dell'"immagine bellica più leggendaria e pubblicata della storia".



Altheo "Belli e Dannati": Keith Haring.

Altheo "belli e dannati": Keith Haring.

 


Tra i più celebrati artisti degli ultimi anni del Ventesimo secolo, Keith Haring iniziò la sua carriera a New York, con gli studi alla school of Visual Arts.
Nello stesso periodo scoprì l'arte dei graffiti nelle strade, nei sottopassaggi della metropolitana e nei club underground della città.
Attratto dallo scenario alternativo, strinse amicizia con kenny Scharf e jean-Michel Basquiat, con i quali scambiò idee e partecipò a esposizioni e performance.
Dal 1980 Haring prese a disegnare nelle stazioni metropolitane della città, con gesso bianco, sul nero dei pannelli pubblicitari vuoti.
Sviluppò ben presto uno stile unico e distintivo, con sfondi molto semplici popolati di forme e figure da cartone animato.
Uno dei personaggi più noti dell'artista è il "bambino radiante", che fece la sua apparizione in quel periodo.
Ispirato dal nuovo mezzo espressivo, Haring realizzava anche quaranta nuovi graffiti metropolitani al giorno; gli spazi sotterranei diventarono un vero laboratorio per le sue idee e sperimentazioni.





I graffiti temporanei di Haring nei sotterranei di New York catapultarono il giovane artista verso il successo; iniziò a lavorare con acrilici, inchiostri evidenziatori e pittura fluorescente, creando opere di colore acceso, popolate di figure dai contorni neri e motivi esuberanti.
Sperimentò anche la scultura, realizzando versioni tridimensionali dei suoi buffi personaggi.
Tenne due personali di successo nei primi anni Ottanta e partecipò in seguito a Documenta 7, alla Biennale di San Paulo e alla Whitney Biennial.
Haring si occupò inoltre di lavori d'animazione per lo Spectacolor di Times Square e di progetti comunitari per i giovani del quartiere disagiati.
Diede il suo contributo a progetti commerciali per i marchi Swatch e Absolut Vodka e realizzò dozzine di murales pubblici su commissione.
Nel corso della sua breve ma esplosiva carriera, Haring si sforzò di abbattere le barriere tra arte di alto  e basso livello.
Nel 1986 l'artista inaugurò il suo Pop Shop di Soho, invitando la comunità a condividere l'allegria della sua arte al di fuori delle gallerie espositive.
Dopo aver scoperto di essere malato di Aids nel 1988, l'artista istituì la Fondazione Keith Haring per sensibilizzare la popolazione nei confronti della malattia.

Il murale Crack Is Wack

 


Turbato dalla tossicodipendenza di un amico, Keith Haring realizzò il murale Crack Is Wack (1986).
Scelse la parete di un campo di pallamano in un piccolo parco di Harlem, ritenendola appropiata come luogo-manifesto, in grado di catturare l'attenzione.
Haring dipinse il muro usando l'arancione acceso e i suoi tipici personaggi delineati in nero.
Poi aggiunse la scritta Crack Is Wack (il crack è una porcheria), pronunciandosi direttamente contro lo spaccio e il degrado del quartiere.
L'artista ricevette inizialmente una multa di 25 dollari per il suo "atto di graffitismo", ma poi venne invitato a tornare per completare il murale.




Altheo "Belli e Dannati": Robert Mapplethorpe.