mercoledì 4 giugno 2014

Altheo "Fotografia": La scomparsa di un maestro della fotografia: Michael Schmidt.




Qualche breve riflessione sulla scomparsa di un grande autore della fotografia contemporanea: il tedesco Michael Schmidt.
Se ne è andato il 24 maggio 2014, all'eta di 68 anni. La sua opera rimane un esempio molto chiaro di assoluto rigore espressivo, di volontà continua di affinamento dello stile e desiderio incessante di ricerca. Quest'ultimo aspetto l'aveva non solo portato a documentare luoghi, ambienti e corpi, ma anche determinati processi produttivi che riguardano l'intera società occidentale (ma non solo).
Con il suo lavoro intitolato Alimenti (Lebensmittel), presentato anche nell'ambito della 55a Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia, aveva realizzato un progetto lungo e minuzioso durato molti anni.
In questo periodo, il fotografo tedesco ha cercato di documentare (e comprendere a pieno) i processi di produzione degli alimenti che tutti noi consumiamo ogni giorno. Ha visionato, "schedato" e riprodotto fotograficamente grandi strutture industriali, coltivazioni di tutti i generi, allevamenti di ogni tipo di animale, procedimenti di produzione alimentare.



Il suo sguardo ha, così, edificato un gigantesco e preoccupante mosaico visuale che intende rivelare al fruitore il sistema mondiale dell'alimentazione, commercializzazione compresa. Ma il suo sforzo di documentazione, cioè di informazione, ha anche permesso di chiarire come l'impianto produttivo internazionale del sistema dell'alimentazione possa andare avanti anche grazie all'enorme mole di lavoro svolto da anonimi lavoratori.
Inquadrature dalle particolari sfumature cromatiche si alternano a frame in bianco e nero, oggettivamente inquietanti. Tale miscuglio non può che provocare in chi guarda una sorta di senso di nausea legato più che al cibo, in quanto tale, al meccanismo connesso al profitto ottenuto tramite gli impulsi consumistici generati dall'industria.
Ma a parte questo lavoro non bisogna dimenticare le visioni di Michael Schmidt che scaturiscono dalla relazione interiore con la città in cui è nato: Berlino. Le fotografie restituiscono una dimensione dell'universo cittadino straniante, un universo apparentemente saldo e graniticamente algido. In particolare, alcuni vacui spazi berlinesi (pubblicati nel libro Berlin Nach 1945 - Steidl, 2005)raffigurati nella loro rigida insensatezza e (presunta) razionalità forniscono al fruitore la dimensione di un ambiente privo di un centro di gravità permanente, ingabbiato in una specie di indefinibile condizione di speranza. I margini incerti e frastagliati della metropoli, interstizi indecifrabili individuati tra la sfera urbana e terreni di nessuno, producono contraddizioni visive e si manifestano come aree senza identità, non in grado di fornire un significato univoco dell'esistente ma capaci, incredibilmente, di stimolare l'immaginazione individuale e collettiva.
Michael Schmidt rimane un esempio di limpido spessore creativo, di forza pura e mentale dello sguardo e di profondità creativa che mi sembra appropriato collocare in una posizione centrale nella storia della fotografia europea del XX secolo.



Altheo "inchiesta": Fotografia Europea è un calvario per i disabili.





Vedere le mostre di Fotografia Europea in centro storico non dovrebbe essere un'impresa ciclopica. Invece lo è, almeno per chi ha difficoltà motorie ed è costretto a muoversi su una sedia a rotelle. E di certo non può farcela da solo. Ma è quasi un'impresa anche per chi voglia o debba più semplicemente farlo con figli e passeggino al seguito. Troppi gli ostacoli, gli scalini e le scalinate, gli ascensori che non ci sono e che quando ci sono non funzionano. E poi le strade e l'acciottolato, spesso sconnesso, in cui una persona su una sedia a rotelle può restare bloccata.
Ci sono mostre collocate in luoghi bellissimi ma inaccessibili che una persona con difficoltà motorie in cui non riesce proprio a entrare. Come "l'atelier" di via dei Due Gobbi, dove nessuno pretende che venga montato un ascensore apposito, ma ai Musei Civici e alla Galleria Parmeggiani, che sono luoghi pubblici, forse sì.
Un tour difficile quello iniziato a Palazzo Magnani dove i gradini bloccano l'accesso e solo se una persona è accompagnata può farcela a entrare. Si debbono infatti salire le scale per chiedere di poter utilizzare l'ascensore posto nell'ingresso a lato e che ti consente l'accesso attraverso un locale adibito a magazzino e a ripostiglio. In biglietteria la prima sorpresa: per i portatori di handicap l'ingresso è a prezzo ridotto e anziché di 9 euro se ne pagano 7, mentre l'accompagnatore ha l'ingresso gratuito. Una scelta perlomeno curiosa, quella della Provincia e della Fondazione, che presuppone che il portatore di handicap non sia autonomo e non possa visitare da solo e con l'ausilio dell'ascensore la mostra collocata su due piani.
Poi tra scossoni e sballottamenti si arriva all'ex Sinagoga. Anche qui all'ingresso s'incappa in un gradino. Superato l'ostacolo, si accede alla sala che si può visitare quasi per intero. Quello che non si può visitare è la mostra posta al piano superore, a cui si arriva con l'apposita scala di ferro. Non si riesce a salire, a meno di accettare l'aiuto dei gentilissimi addetti che si offrono di sollevare di peso la persona e la sedia rotelle e di accompagnarla al piano superiore. Lasciata la Sinagoga, si arriva alla Galleria Parmeggiani, dove l'addetto gentilmente informa che «purtroppo l'ascensore ha dei problemi ed è inutilizzabile». Peccato: due mostre fotografiche sono proprio al primo piano, dove si accede solo per una strettissima scala.
La visita prosegue ai Musei Civici, dove ti accoglie la scalinata principale e l'indicazione che l'ingresso per portatori di handicap è sul lato. Ma il campanello di chiamata è posto a un'altezza non raggiungibile da una persona su una sedia a rotelle e un cartello informa di non suonare ma di recarsi all'ingresso di via Spallanzani e chi non può camminare e non è accompagnato, resta definitivamente bloccato.
Ultima tappa i chiostri di San Domenico, dove ad accogliere il visitatore è un curato cortile in ghiaia che inghiotte metà delle ruote. Un altro sforzo per raggiungere le sale collegate da percorsi e passerelle volanti, ma praticabili, che consentono di visitare una parte delle mostre. Sempre se la persona è accompagnata. Da sola forse avrebbe fatto meglio a restare a casa: si sarebbe sentita meno a disagio.




Altheo "Design": Librerie di design: tanti spunti e idee.






Librerie di design: tanti spunti e idee per arredare la tua casa con stile e gusto. Complementi di arredo ideati soprattutto per ospitare libri, le librerie di design col tempo si sono trasformati in accessori per decorare le proprie stanze, soprattutto quelle della zona giorno, e per ospitare numerosi pezzi unici. Considerate come mobili espositivi, queste vanno scelte in base al proprio gusto personale e anche in base al carattere della propria dimora ma puntare su un modello classico e basico spesso non basta, anzi è necessario scegliere qualcosa di unico e sublime per trasformare, con il tocco giusto, la propria casa. Siete pronti a rivoluzionare il salotto, e non solo, con le più belle librerie di design?
Ciò che in molti sanno è che con le librerie si può arredare soggiorno e corridoio ma anche creare separazioni in ambienti open space. Con queste si può arricchire il proprio ingresso ma anche realizzare una zona lettura/relax in camera da letto. Ovviamente, sono perfette anche in ufficio e, perché no, nella stanza dei bambini. Insomma, con una bella libreria di design si possono riempire numerosi spazi e decorarli con elementi unici, ma quali sono quelle che vale la pena far entrare nella propria casa?
Uno dei modelli più belli è sicuramente quella di Tonin Casa. Si chiama Onda proprio per via del suo disegno che ricorda il movimento ondulato tipico del mare. Ha una struttura semplice ma al posto degli assi verticali dritti è caratterizzata da divisori mossi. Niente male, non trovate? Strutture interne particolari sono state scelte anche per la Shanghai di Alivar, dal fascino geometrico ma irregolare, e dalla Baum di Porada, che sembra sempre sul punto di cadere, un po’ come la torre di Pisa.



Tra le librerie più belle e di design c’è anche la Cloud di Cappellini, che si presenta come una nuvola all’interno della quale ci sono delle cornici tonde che contengono tutto il necessario, e laFluid di Desalto, che si presenta come una gabbia verticale. Che ne pensate delle librerie componibili di design? Ce ne sono tantissime e alle quali difficilmente si riesce a resistere proprio perché si possono modulare in base ai propri gusti. Tra queste vi segnaliamo la Stacked di Mutoe la deliziosa Honeycomb di Quinze & Milan.



martedì 3 giugno 2014

Altheo "people": Stefania Sergi, una poesia per una scultura.




La scultura di Stefania Sergi si vive a fior di pelle in un alto grado di sentimento che ha una caratteristica della donna nella sua costituzione psicologica. Un dono profondo che marca la natura di chi sa proiettare su se stesso questo essere sconosciuto che è il mondo interiore che possediamo.
Il corpo rappresenta la singolarità di un essere, una goccia, il mare rappresenta per lei la vita, parte del suo stesso corpo.. I dialoghi fra loro finiscono come un’onda lunga che si protrae mutando sensazioni, umori, colori. E il linguaggio nasce assieme all’emozione dando spazio a momenti che fanno mancare il respiro. 

Tutte queste situazioni, questi eventi, si susseguono attraverso spazi di vita psicologica e interiore.
Se mi interrogo sulla ricerca estetica di questa opera è perché voglio entrare nel processo che nasce dalla poesia per raggiungere la scultura
Tutti noi abbiamo bisogno di questa Artista per continuare a ricercare dentro di noi queste fonti, queste forze interne della nostra natura, è soltanto con lei Stefania può creare o meglio, sentirla.


Marcia Theophilo




Stefania Sergi

Grazie Marcia Theophilo,, grazie Poeta, indomita e lirica combattente in favore di quell’infinita cattedrale verde, la selva amazzonica, sa infondere, con i suoi versi intrisi di passione e di ancestrali memorie, emozioni profonde e sensazioni incancellabili. 

Sosteniamo La candidata al Premio Nobel letteratura 2014, diamo voce a lei per le nostre voci silenti.

Stefania Sergi

Altheo "Moda": Rihanna regina della moda per il 2014. E lei si presenta (quasi) nuda.




Icona della moda: il 2 giugno, al Lincoln CenterRihanna ha ricevuto il Fashion Icon Award 2014 dal Council of Fashion Designers of America per aver, a modo suo, lasciato un segno indelebile nella moda.
E senza dubbio, il look scelto dalla popstar originaria di Barbados per ritirare il premio non passerà certo inosservato: praticamente nuda, ricoperta soltanto da un velo di 216.000 cristalli Swarovski (l’abito è di Adam Selman)
Ma Rihanna è Rihanna, non ha paura di osare, sia sul red carpet che fuori, e la trasparenza le piace tantissmo. Il buon gusto non è sempre presente nel suo armadio, ma quando si parla di stile non necessariamente si parla di “eleganza”. Dalla sua ci sta che per ben sei volte si è conquistata lacover di Vogue Anna Wintour e questo non è poco.
Prima di lei, il premio è stato assegnato a Kate Moss, Lady Gaga, Iman e Nicole Kidman.


Altheo "Fotografia": Un nuovo spazio per la fotografia a Milano.


Palazzo della ragione fotografia è un nuovo spazio espositivo a Milano, pensato per ospitare grandi mostre dal respiro internazionale, all’interno di uno dei luoghi più antichi della città.


L’inaugurazione è affidata a Genesi di Sebastião Salgado, dal 27 giugno, l’ultimo lavoro del fotografo brasiliano, dedicato alla natura e alla salvaguardia del pianeta. Entro il 2015 sono previste anche mostre di William Klein, James Nachtwey e Edward Burtynsky. 




Sebastião Salgado è uno dei maggiori fotografi documentari contemporanei. Nato in Brasile nel 1944, ha studiato economia e statistica all’università, ma dopo aver partecipato a una missione in Africa ha deciso di concentrarsi sulla fotografia.
I suoi primi lavori hanno raccontato la rivoluzione in Portogallo del 1974, la siccità nel Sahel e le guerre coloniali in Angola e Mozambico. I reportage sono il risultato di lunghi viaggi nei luoghi prescelti: per realizzare Other Americas ha trascorso sei anni in America Latina. La sua opera più conosciuta è La mano dell’uomo sui lavoratori di tutto il mondo.

Genesi è l’ultimo grande progetto di Salgado, un viaggio nei cinque continenti dedicato alla salvaguardia dell’ambiente e alla ricerca di una nuova armonia con il pianeta. È stato presentato in anteprima a Roma il 13 marzo e sarà esposto al Museo dell’Ara Pacis dal 15 maggio al 15 settembre.



domenica 1 giugno 2014

Altheo "Moda": “La seduzione della moda” nelle immagini di Gian Paolo Barbieri al Centro Saint-Bénin.


Al fotografo milanese definito da Stern tra i quattordici autori che hanno fatto la storia della fotografia di moda, è dedicata la mostra che il 6 giugno porta ad Aosta 58 immagini, tra volti noti del cinema e della moda, ormai diventati icone.




Verrebbe da commentare “tanta roba”, in gergo giovanile, e andrebbe bene comunque. Diciamo allora “tanta moda e bellezza” e un fondamentale capitolo di storia della moda per descrivere l’evento espositivo dell’Assessorato regionale alla Cultura che venerdì 6 giugno 2014, alle ore 18 al Centro Saint-Bénin di Aosta, presenta la mostra intitolata “Gian Paolo Barbieri. La seduzione della moda” e curata da Daria Jorioz e da Raffaella Ferrari.
Tra i nomi della fotografia italiana di moda più autorevoli e noti a livello internazionale, quella di Gian Paolo Barbieri è una mostra che evidenzia la perfezione formale e rigorosa del corpo umano, della bellezza, del ritratto, che si stia in studio o in luoghi altri. 





Il lavoro di Barbieri è davvero un tuffo nel sogno, nella perfezione, nella ricerca di immagini che rapiscono. Non sono solo i soggetti e i volti che Gian Paolo Barbieri ha immortalato nel tempo (dalla magnifica Audrey Hepburn del 1969 alla top model Veruschka, a Vivienne Westwood, fino a note celebrità del cinema e dell’arte come Monica Bellucci, Angelica Huston, Sophia Loren, Rudolph Nureyev, Jerry Hall, Gilbert&George), dove la bellezza è protagonista, ma è anche l’approccio e la ricerca di uno stile che si è formato nel tempo e che ha firmato così campagne pubblicitarie per i grandi marchi della moda, dalle campagne pubblicitarie per le maisons Valentino, Armani, Ferré e Versace, alle copertine di Vogue. 
Saranno queste le immagini, ormai icone della moda e del mondo dello spettacolo, che la mostra ripercorre: un viaggio nella carriera del fotografo milanese attraverso 58 fotografie di grande formato, che raccontano la storia della moda dagli anni Sessanta fino ai primi anni Duemila. La mostra, aperta dino al 2 novembre 2014, è corredata da un catalogo bilingue italiano-francese (editore Allemandi), che contiene le riproduzioni di tutte le opere in mostra, i testi di Daria Jorioz e Raffaella Ferrari e un’intervista a Gian Paolo Barbieri.





Da sempre affascinato dal cinema e dalle sue bellezze note, il cinema ha dato a Barbieri il senso del movimento e l’occasione di portare la moda italiana, nata su fondo bianco in pedana, in esterno, dandole un’anima diversa. Giovanissimo, infatti, Barbieri si è trasferito a Roma, dove si è dedicato al cinema come apprendista a Cinecittà. 
Nel 1961 Tom Kublin lo recluta come assistente sui set delle collezioni francesi di moda. L’esperienza di Cinecittà influisce molto sulla sua fotografia: diversi sono gli scatti in mostra di ispirazione cinematografica, in cui il set, il posato da studio, non solo mettono in scena, ma raccontano come nel frame di un film. La sua carriera è ricca di soddisfazione, e tra le tante nel 1978 Barbieri è indicato da Stern tra i quattordici autori che hanno fatto la storia della fotografia di moda. Le sue fotografie sono esposte in sedi prestigiose in tutto il mondo, al Victoria and Albert Museum di Londra, alla National Portrait Gallery di Londra e al Kunstforum di Vienna.




Altheo "Design":La tradizione italiana ricorda il maestro Massimo Vignelli.


La tradizione italiana del design sembra vantare più maestri adorati dai loro discepoli che allievi riconosciuti dai loro maestri. Ma forse i Maestri maiuscoli sono solo quelli davvero in grado di creare una lezione di continuità, che non muore con loro e si riconosce sempre in nuovi eredi.


Massimo Vignelli, scomparso lo scorso 27 maggio, era uno di quei Maestri che si impegnano a formare degli eredi, e il suo insegnamento in giro per il mondo non a caso è apprezzabile da chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la grafica degli ultimi quarant’anni.  Architetto, comunicatore, grafico, designer, pur considerandosi troppo “utilitario” per fare arte, è stata una delle figure del design più vicine al miraggio dell’artista totale. Oltre a essere autore di icone che hanno fatto la storia occidentale (come il marchio Ford, il logotipo di United Colors of Benetton, di American Airlines, di alcune pubblicità Pirelli, del bianco e nero di Fratelli Rossetti e della ipercitata metropolitana di New York), e di progetti in cui ogni cittadino americano, magari ignorandolo, sarà inciampato prima o poi nella vita, Vignelli è stato un prolifico dispensatore di lezioni colte e intelligenti che sintetizzava massime lapidarie e memorabili, come se negli anni avesse scritto un testamento, a uso di noi tutti (designer e utenti). Molte le possiamo rileggere in una bella intervista pubblicata sul blog di Nicola Matteo Munari nel settembre 2013.



Ma forse la più acuta era già comparsa sul New York Times, in cui interrogato sul progetto che gli sarebbe piaciuto fare, rispondeva:  “Un sistema di identità per uno Stato, per esempio il Vaticano. Andrei dal Papa e gli direi: Sua Santità, il logo va bene (con riferimento alla croce), ma tutto il resto va rifatto!”.
A sua volta cresciuto professionalmente dai Fratelli Castiglioni, aveva proseguito sotto i grandi italiani. Ma poi aveva scelto un’altra strada. Negli anni Sessanta, dopo un po’ di avanti e indietro con l’Italia, si era trasferito negli Usa contribuendo alla costruzione di un colosso per fama e prestigio come Unimark International, con sedi sparse in tutto il mondo (tra le quali quella italiana diretta da Bob Noorda, autore tra gli altri dell’immagine grafica della linea metropolitana milanese). Poi era nata la Vignelli Associati, in coppia, con Lella, moglie e socia, compagna e collega, che prima di Massimo, aveva scoperto l’America, laureandosi in architettura al Mit e divenendo poi cofirmataria dei tanti capolavori che in questi giorni stiamo riscoprendo anche in Italia, associandoli alla loro firma. Ma è negli Usa che sono stati messi a profitto con vero orgoglio per gli ultimi trent’anni, segnando con tutta probabilità anche la storia dei prossimi trenta e facendo della coppia Vignelliun’icona nazionale della modernità.
Alla morte Vignelli è arrivato da solo, solo con la sua battaglia lunga una vita per sconfiggere l’obsolescenza in nome di un’utopica atemporalità (famoso il suo motto: “Se lo fai bene, dura per sempre”). Perciò il figlio Luca nelle ultime settimane aveva lanciato la campagna “Dear Massimo”affinché chiunque nel tempo fosse venuto a contatto con Massimo gli lasciasse un messaggio: “Immagino montagne di borse piene di lettere. So che una delle massime fantasie di mio padre sarebbe stata quella di partecipare al suo funerale. Questa sarà la cosa migliore. Passate parola.” 117 sono le lettere giunte solo in calce al post di lancio  più centinai di email e più di mille cartoline, molte delle quali con la scritta “urgente”.


Tra i mittenti famosissimi e gli anonimi allievi che lo ringraziano per l’attenzione e lo sguardo sempre rivolto al futuro, colpiscono le tante firme italiane di lettere scritte in inglese, probabilmente di quegli emigrati illuminati dal suo esempio, che come lui hanno finito per confondere le lingue. E infine il critico Ralph Caplan che lo ricorda così: “L’inglese era la sua seconda lingua; ma in un certo senso lo era anche l’italiano. La sua vera madrelingua era il design”.



Altheo "Fotografia": Fiumara d’Arte presenta mostra fotografica “Luce e segni” di Giovanni Pepi a Castel di Tusa.




Dettagli che inquadrano giochi di luci e colori. Particolari che diventano segni all’occhio del visitatore. Suggestioni di cromie e riflessi che regalano differenti punti di vista, coinvolgendo il visitatore in un turbinio di emozioni. “Luce e segni” è l’ultima mostra fotografica, in ordine di tempo, del giornalista e condirettore del Giornale di Sicilia Giovanni Pepi. L’inaugurazione domenica 8 giugno, alle ore 11, nei saloni dell’hotel “Atelier sul Mare” di Antonio Presti a Castel di Tusa, in via Cesare Battisti 4. La mostra rimarrà aperta sino al 14 settembre.
Quaranta scatti che ripercorrono il viaggio del visitatore attraverso le stanze del museo-albergo realizzato dal mecenate siciliano. Un percorso tra le venti camere progettate e create da diversi artisti internazionali col risultato di capolavori unici. Venti opere d’arte “che – come racconta lo stesso Presti – sono pienamente realizzate solo entrando e abitando la camera. La presenza e l’uso delle stanze sono parte integrante e fondamentale di esse”.
E così la macchina fotografica di Pepi mitizza, esalta e focalizza con l’occhio di chi si abbandona ad ammirare le opere d’arte e con la volontà di rendere eterne visioni sfuggenti. “Scopro Atelier e Fiumara a cose fatte – racconta Pepi -. Quando le ragioni dell’arte si sono già imposte sui torti della politica. Penso ad una vacanza nello ‘strano’ albergo voluto da un mecenate ‘matto’. Vivo, invece, un indimenticabile incanto. Ogni stanza nasconde un’idea, un progetto, una visione, un sogno. Niente di uguale si vede da una porta all’altra”.
Alla base dell’iniziativa c’è “la politica della bellezza” di Antonio Presti, ossia l’idea che l’arte e la bellezza abbiano in sé una forte valenza etica e politica, siano fonte di rinascita e progresso delle comunità e contribuiscano alla crescita dell’individuo. “Sono qui per stupirmi – dice Presti -. Con lo stupore si inizia e anche con lo stupore si termina. Ma la bellezza si può manifestare solo se ti ricolleghi agli stati emozionali: al cuore, all’anima.  Ed è in quel cuore e in quell’anima che si trova la condivisione di un futuro. Le opere così non sono il fine, ma il mezzo. La cultura deve impegnarsi a consegnare conoscenza alle nuove generazioni”.
La mostra, organizzata dalla fondazione “Fiumara d’Arte con la collaborazione di Donatella Aiosa, è patrocinata dal Giornale di Sicilia. Sponsor dell’evento: Comune di Tusa, Carti Sud, Azienda agricola Casaleni, Cottanera, Gelateria e pasticceria Di Noto Sicily, Donnafugata, Banca Don Rizzo, Pastificio Fratelli Gallo, La Fiumara, Panificio Portera Maurizio, Azienda agricola Sammataro Agata, Antica macelleria Sammataro Gaspare, Sapori e tradizioni Santino Miceli.


Il programma di domenica 8 giugno prevede un tour guidato per le Camere d’Arte dell’Atelier sul Mare, realizzate da artisti internazionali. Tra gli altri: Michele Canzoneri, Mario Ceroli, Paolo Icaro, Hidetoshi Nagasawa, la moglie dell’ex premier francese Danielle Mitterand, il puparo e cuntista Mimmo Cuticchio e lo stesso Antonio Presti. In programma anche una visita alla “Piramide 38° parallelo”. L’opera, realizzata dall’artista Mauro Staccioli, svetta su un’altura nel vicino territorio di Motta d’Affermo in quello stesso parallelo sul quale, nell’altro emisfero, passa il confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Un’opera voluta da Antonio Presti quasi per voler riequilibrare la tensione conflittuale di un luogo con la sacralità dell’arte. E’ qui che ogni anno, nei giorni del solstizio d’estate, si svolge il “Rito della luce”. Rito che si ripeterà  anche quest’anno, il 21 e il 22 giugno. Un percorso fisico che diventa metafora di un percorso spirituale. Due giorni dedicati all’arte, dall’alba sino al tramonto. Lungo il percorso che porta alla Piramide si alterneranno le performance di un esercito di musicisti, cantanti, poeti e pittori… tutti vestiti di bianco. Obiettivo: cogliere il nutrimento della conoscenza attraverso la circolarità e la sacralità della luce.
Il programma di domenica 8 giugno
Ore 11,00 Inaugurazione nei saloni dell’albergo-museo Atelier sul Mare
Ore 12,00 aperitivo  con prodotti tipici siciliani
Ore 12,30 visita delle Camere d’Arte
Ore 14,00 spaghettata presso il ristorante in spiaggia dell’atelier
Ore 16,00 visita alla Piramide 38° parallelo, opera realizzata dall’artista Mauro Staccioli.



Altheo "Mostre": L'ossessione nordica - Böcklin Klimt Munch e la pittura italiana a Rovigo.


A Rovigo, fino al 22 giugno 2014, tra le mostre d'arte c'è l'Ossessione Nordica: un confronto tra quei temi estetici e storici nell'entusiasmante incontro fra i pittori del Nord Europa e quelli italiani alla fine dell'Ottocento.




C'è una cosa in Europa andata inesorabilmente perduta con la fine dell'Ottocento, o, meglio, con la conclusione di quel Secolo Lungoesploso nella Rivoluzione Americana del 1775 - e non, come si pensa, nella Francese -, e crollato nel baratro della Grande Guerra del 1914. 
Ed è proprio lo spirito ottocentesco. Reduci da millenni di servaggio fisico e spirituale, imprigionate in prestabiliti recinti ancora feudali, nel XIX secolo finalmente le genti si appropriarono via via di quell'ignota libertà individuale che le spinse a cambiare radicalmente il mondo, a rivoluzionarne le società, a sconvolgerne il pensiero, e infine a esplorarne ogni regione lontana. Era nato l'uomo romanzesco. Le grandi teorie politiche, le ribellioni sociali, le avventure umane: dalle elite intellettuali questo spirito passò rapidamente ai popoli, e si assistette a lotte epocali per idee nuove, a migrazioni bibliche in cerca di nuova vita, generazioni di giovani si immolavano contro le ingiustizie e intere popolazioni si avventuravano alla scoperta dell'inesplorato. È l'epoca di Mazzini e di Lenin, dei Carbonari e degli Anarchici, ma anche dei pionieri americani. È il mondo mitico di Wagner, ma è lo stesso altrettanto eroico del popolare Verdi. Figli del secolo saranno Jack London e Darwin, Lincoln e Nietzsche, e infiniti altri monumenti. Nessuno aveva più paura ad osare, ogni conquista era compiuta per la dignità dell'uomo.
Poi tutto ebbe fine con la rinnovata follia della Prima Guerra Mondiale. Tutto ciò per cui si era lottato non era servito a nulla, l'Europa tornò a essere di nuovo ottusa e maledetta. E terre nuove da scoprire per salvarci e ricominciare non ce n'erano più. Non ci siamo mai più ripresi da questo shock. Oggi quello spirito idealista e romantico ha lasciato il posto alla miseria mentale della nostra epoca, privi d'ogni entusiasmo e dignità, derubati d'ogni speranza di futuro e di vita migliore, incatenati nella globalizzazione della nostra cameretta da cui è ormai impossibile salpare per altri lidi che non siano chat e social network, e dove il massimo dell'avventura vitale risiede nella settimanale discesa all'outlet. E il precipitato di tutto ciò è nello stordimento lisergico dei nostri politici, ragionieri immorali, burocrati criminali, burattini dei nuovi feudatari invisibili che comandano il mondo. Eppure quello spirito ottocentesco fu tanto forte, tanto dinamico...
Chi volesse assaporarlo ancora, non perda la mostra L'Ossessione Nordica, a Palazzo Roverella di Rovigo, dove si confrontano proprio quei temi estetici e storici nell'entusiasmante incontro fra i pittori del Nord Europa e quelli italiani alla fine dell'Ottocento. «Alle Biennali Veneziane arrivarono le opere dei "Nordici" (tedeschi, scandinavi, ma anche svizzeri) e nulla fu più come prima. I paesaggi del profondo nord, i ritratti, le scene di interno conducevano a mondi e a sensibilità diverse, lontane, potenti. Trasudavano un fascino che colpiva dentro. Raccontavano altri luoghi, reali e fantastici, popolati di sentimenti profondi, di miti, di sogni, di simboli. Lontani eppure vicini all'intimo di ciascuno e per questo fonte di una malia da cui risultava impossibile non farsi contagiare. Allora come ora. Gli artisti italiani, uomini di sensibilità ancora più acuta, furono stregati dalle opere di Klimt, Böcklin, Hodler, Klinger e Munch, il nuovo delle Biennali».
L'arte del Secolo Lungo ne interpreta appieno le infinite valenze, e il suo inesauribile articolarsi di motivi e atmosfere si rispecchia con esattezza in questa rassegna dalla rara connotazione meno commerciale che culturale. Quasi 150 dipinti tra simbolismo e realismo, tra visioni del sublime e argomenti domestici, tra ritratti espressionistici e paesaggi leggendari. C'è lo stupore mitologico inseguito lungo scogliere e laghi boreali, e c'è la fatica vera di pescatori e marinai rugosi, ci sono i silenzi notturni dei boschi e quelli di piccole case ordinate, ci sono i fiordi e la neve, e l'anima che li interpreta a modo suo. Ci sono gli italiani colpiti ed elettrizzati dei nuovi sentimenti pittorici scesi sulla Laguna, pronti ad assimilarli attraverso la propria mediterraneità. Ci sono le maschere e i volti dell'umanità, c'è l'erotismo sublimato del corpo femminile, c'è la fantasia della mente e la fascinazione della natura, ma su tutto ci sono i colori freddi ed energici di questi pittori che abbracciarono e furono a loro volta riabbracciati dalla cultura pittorica italiana. C'è un mondo dove ancora si poteva sognare e sperimentare, esplorare e ricordare, pensare e ripartire. Un mondo ancora vicino a noi ma ormai terribilmente lontano.




Mostra: L'ossessione nordica - Böcklin Klimt Munch e la pittura italiana
Dove: Rovigo Palazzo Roverella

Quando: fino al 22 giugno 2014.