venerdì 24 febbraio 2012

Altheo "Fotografia del XX secolo": Richard Avedon.

Altheo "Fotografia del XX secolo": Richard Avedon.




Richard Avedon studia filosofia alla Columbia University di New York prima di dedicarsi alla fotografia come autodidatta.
Nel 1944, incontra Alexey Brodovitch, il leggendario art director di Harper's Bazaar, con il quale collabora per molti anni. Pubblicato nel 1959, il suo libro Observations fa molto scalpore.
Brodovitch che ne ha curato l'aspetto grafico e Truman Capote il testo.
Il volume contiene innanzi tutto ritratti di famose personalità, ma anche alcune immagini con modelli.
"Sia clemente con me" ebbe a dire Henry Kissinger, prima di essere ritrattio da Avedon. Infatti, è proprio la sua mancanza di riguardi nel portare alla luce, su fondo bianco, gli aspetti più intimi dei soggetti ad attirare su di lui l'attenzione di critica e pubblico.




Grande pubblicità deriva anche dalla sua attività nel campo della moda, in cui egli esprime vivaci e realistiche concezioni visuali.
Abbandona per sempre la fotografia ideata nello studio e porta le modelle sulle strade di Parigi, nei caffè e nei varietà.
Dovima con elefanti, abito da sera di Dior, Cirque d'Hiver, Parigi, agosto 1955 è la più celebre fotografia di  moda di Avedon e di certo una delle più originali.
Essa vive del fascino del contrasto ed esprime ineffabile eleganza.
Segna l'inizio di una nuova era della fotografia messa in scena: l'approccio alla moda di Avedon, sempre più minimale con il passare del tempo e vicino a quello dei suoi ritratti negli anni settanta, diviene esemplare per un'intera generazione di fotografi.
Poco più tardi, convolge pubblico e critica con la serie sulla lenta morte del padre Jacob Israel Avedon, dove egli documenta anche il proprio rapporto con il genitore, rubandogli la mimica e le espressioni che ricorda tipiche della sua giovinezza e che caratterizzano la propria visione di lui.
Si tratta anche di una commovente testimonianza della lenta decadenza di una forte personalità e del suo progressivo ritrarsi in se stessa.




Con il libro In The American West, Avedon intende infrangere il mito del West americano, il sacro mondo dell'idillio dei cowboy, per mostrarne un'altra faccia: braccianti e minatori, disoccupati e piccoli impiegati, bianchi, neri, sudamericani.
La triste immagine dell'Ovest americano che ne deriva scatena l'indignazione del pubblico e viene recepita come distruttiva.
Seguono una serie sul Luisiana State Hospital, un servizio di fotografie a grana grossa sui malati di mente e, come amara presa di posizione contro la guerra, una sequenza sulle vittime del napalm in  Vietnam.
Sono le uniche sue opere in cui appaia chiaramente la violenza che Avedon ha sempre rifiutatodi rappresentare, perchè convinto che le immagini di violenza producano solo nuova violenza.




I suoi schemi fotografici a grande formato costituiscono vere pietre miliari della storia della fotografia.
Ritrasse i membri della "Warhol Factory", i "Chicago Seven", la "Ginsberg Family", il "Mission Council" e altri.
Tra i suoi ritratti, particolare rilievo va attribuito a I Generali delle figlie della rivoluzione americana, 1963.
Nato evidentemente come preparazione di un ritratto di gruppo ufficiale, affascina per la sua composizione originale e la molteplicità delle relazioni che legano le persone ritratte, che appaiono per altri versi isolate.
Ugualmente insolito è il ritartto di Charles Chaplin, nel quale quest'ultimo si finge un diavolo.
E' lo stesso Chaplin a volerla per esprimere il suo atteggiamento battagliero nel momento in cui è costretto a lasciare gli Stati Uniti a causa delle sue convinzioni politiche.
Il ritatto di Ezra Pound completamente chiuso in se stesso, quasi dolorosamente concentrato, è il principale di una serie in cui, di fronte alla macchina fotografica, lo scrittore manifesta anche mimicamante tutta la gamma dei suoi sentimenti e delle sue sensazioni.




Alla caduta del muro di Berlino, Avedon fotografa la folla in festa durante quella notte di San Silvestro del 1989. (Io c'ero).
I colori delle immagini della serie "Porta di Brandeburgo" esprimono una varietà di emozioni: dalla felicità più sfrenata alla paura del futuro.
Anzichè un reportage fotografico, Avedon propone una piccola serie di costellazioni cariche di significati sinbolici, che culminano nei contorni miniminali di una testa calva contro il cielo notturno.
Recentemente, il fotografo ha realizzato ritratti di personaggi della nobiltà italiana, dove attinge a pieni mani alle possibilità offerte dal montaggio fotografico.
Che nei primi anni della sua attività Avedon si sia anche occupato del genere del reportage è emerso dalla retrospettiva a lui dedicata nel 1994.
Avedon per il sottoscritto è sempre stato considerato il più grande fotografo di tutti i tempi.
Soltanto a New York, egli può vantare esposizioni al Museum of Modern Art, al Metropolitan Museum e al Whitney Museum of American Art.
Richard Avedon è sempre riuscito a lasciare un'impronta inconfondibile in qualsiasi genere abbia visitato.
Un grande fotografo, il migliore, nient'altro.