Visioni musicali di Giammarco Pizzutelli
Trevor Powers, nato californiano, cresciuto nell’ Idaho, è il nome che si nasconde dietro lo pseudonimo di Youth Lagoon: un compositore polistrumentista in attività dal 2010.
Quella di Youth Lagoon è una musica (prima di ogni altra, superflua, etichetta) introspettiva.
The Year Of Hibernation (Fat Possum, 2011) è un coro di voci rarefatte ed eteree, una sofferenza contenuta in quattro mura, tenuta a bada da un sogno sbiadito tendente allaWille zur Macht che si rispecchia in tracce come Afternoon e Montana, fatte di crescendo e ritmiche incalzanti, memori di echi sicuramente post-rock.
L’ intero album-debutto del giovanissimo compositore è un urlo a denti stretti, carico di rabbia ed aspettativa, un continuo contrastarsi tra gioia e dolore all’interno degli stessi brani: melodiche, rilassanti, nenie incontrano spensierate ritmiche pop in un abbraccio che si fonde in bellissimi riff dai toni prettamente lo-fi.
L’ intero album-debutto del giovanissimo compositore è un urlo a denti stretti, carico di rabbia ed aspettativa, un continuo contrastarsi tra gioia e dolore all’interno degli stessi brani: melodiche, rilassanti, nenie incontrano spensierate ritmiche pop in un abbraccio che si fonde in bellissimi riff dai toni prettamente lo-fi.
La voce campionata di Powers fa da collante, tiene insieme, grazie alla sua costante atmosfera eterea, tutti i pezzi (o quasi) che formano il finemente tessuto arazzo di The Year Of Hibernation.
Tracce come Cannons e 17 sono esemplari perfetti di un lo-fi elettronico, curato nei minimi dettagli nella sua semplicità, risultando in sbarazzine, orecchiabilissime melodie che si sono immeritatamente guadagnate l’etichetta di “dream-pop” , oltre alla spregiudicata accusa di “suscitare emozioni facili”.
In Daydream, invece, tutte le interessantissime idee di Powers si fondono senza portare da nessuna parte, dando vita ad una sterile, se pur piacevole, confusione.
Tracce come Cannons e 17 sono esemplari perfetti di un lo-fi elettronico, curato nei minimi dettagli nella sua semplicità, risultando in sbarazzine, orecchiabilissime melodie che si sono immeritatamente guadagnate l’etichetta di “dream-pop” , oltre alla spregiudicata accusa di “suscitare emozioni facili”.
In Daydream, invece, tutte le interessantissime idee di Powers si fondono senza portare da nessuna parte, dando vita ad una sterile, se pur piacevole, confusione.
In conclusione The Year Of Hibernation è un disco che risulta in qualche modo innovativo e, senza atteggiarsi a tale, si prende tutti i meriti di un concept. Il giro di Cannons che si ripresenta per tutta la durata del disco (spesso in modo talmente sottile da sembrare estraneo, diegetico), è tutt’altro che mancanza di inventiva o, in ogni modo, specchio della più elementare banalità, bensì una trovata studiata per mantenere viva e costante l’atmosfera che caratterizza i soli 35 minuti dell’album.
E’ doveroso aggiungere, inoltre, che in un lavoro di 35 minuti, totalmente privo di suites e composto di sole 8 tracce, per peccare di banalità bisognerebbe davvero sfiorare la composizione mononota.
The Year Of Hibernation è un disco da sentire tutto d’un fiato, scorrevole, piacevole, forma un delizioso cerchio armonico che si insinua dolcemente nelle orecchie dell’ascoltatore, incantandolo. Passano 2 anni, ma Trevor Powers non dimentica le accuse di monotonia e banalità, quindi mette altra carne sulla brace, troppa.
The Year Of Hibernation è un disco da sentire tutto d’un fiato, scorrevole, piacevole, forma un delizioso cerchio armonico che si insinua dolcemente nelle orecchie dell’ascoltatore, incantandolo. Passano 2 anni, ma Trevor Powers non dimentica le accuse di monotonia e banalità, quindi mette altra carne sulla brace, troppa.
Wondrous Bughouse (Fat Possum, 2013) si apre con la distortissima e tutt’altro che musicale Trough Mind And Back: un accozzaglia di rumori che si trascina a fatica per più di due minuti, risultando più che altro fastidiosa.
Gia da Mute (la seconda traccia) possiamo renderci conto dei cambiamenti apportati da Powers. La batteria sostituisce la drum machine, la voce si fa meno rarefatta, l’atmosfera non è uniforme. Anche all’interno degli stessi brani, i cambi repentini di sonorità fanno sì che non si crei quell’alone inconfondibilmente affascinante, capace di stregarci come soloThe Year Of Hibernation riusciva.
Durante il resto dell’album i suoni, spesso “delayati“, si intrecciano in vorticose spirali ipnotiche, catturando l’ascoltatore per tutta la durata del disco e lo portano in meticolose articolazioni che, come tentacoli, lo rapiscono e lo avvolgono in un tappeto di dettagliatissime accortezze elettroniche.
Queste accortezze sono costituite da studiati rumori che si legano alla perfezione alle note e alla ritmica all’interno dei brani, rendendo spesso difficile esularli dal contesto sonoro: ne diventano parte integrante e fondamentale, scandendo, a volte, cambi di tempo e inizi di battuta.
The Bath, per prima, si fa portatrice degli echi del precedente lavoro, risultando poco omogenea rispetto a quanto ascoltato fino a questo punto. Lenta, sfuma poi in un incalzante crescendo solo per ricadere nell’ipnotica cantilena di Pelican Man.
Dropla si apre con un carillon dolcissimo, procede a rilento tra la batteria costante e la voce, dal sapore etereo ed immortale, quasi a sottolineare ogni singola parola della frase “you’ll never die” che si ripete per quasi tutta la durata del brano.
Da questo punto in poi, Wondrous Bughouse diventa una lenta discesa ipnotica fatta dininnananne lo-fi e ballate introspettive, sfociando in qualcosa di molto simile ad uncantautorato elettronico.
Gia da Mute (la seconda traccia) possiamo renderci conto dei cambiamenti apportati da Powers. La batteria sostituisce la drum machine, la voce si fa meno rarefatta, l’atmosfera non è uniforme. Anche all’interno degli stessi brani, i cambi repentini di sonorità fanno sì che non si crei quell’alone inconfondibilmente affascinante, capace di stregarci come soloThe Year Of Hibernation riusciva.
Durante il resto dell’album i suoni, spesso “delayati“, si intrecciano in vorticose spirali ipnotiche, catturando l’ascoltatore per tutta la durata del disco e lo portano in meticolose articolazioni che, come tentacoli, lo rapiscono e lo avvolgono in un tappeto di dettagliatissime accortezze elettroniche.
Queste accortezze sono costituite da studiati rumori che si legano alla perfezione alle note e alla ritmica all’interno dei brani, rendendo spesso difficile esularli dal contesto sonoro: ne diventano parte integrante e fondamentale, scandendo, a volte, cambi di tempo e inizi di battuta.
The Bath, per prima, si fa portatrice degli echi del precedente lavoro, risultando poco omogenea rispetto a quanto ascoltato fino a questo punto. Lenta, sfuma poi in un incalzante crescendo solo per ricadere nell’ipnotica cantilena di Pelican Man.
Dropla si apre con un carillon dolcissimo, procede a rilento tra la batteria costante e la voce, dal sapore etereo ed immortale, quasi a sottolineare ogni singola parola della frase “you’ll never die” che si ripete per quasi tutta la durata del brano.
Da questo punto in poi, Wondrous Bughouse diventa una lenta discesa ipnotica fatta dininnananne lo-fi e ballate introspettive, sfociando in qualcosa di molto simile ad uncantautorato elettronico.
L’album è sicuramente ricco di estro, di idee, di innovazioni e risulta, tutto sommato, piacevole, anche se a tratti indigesto. Le accortezze sonore non riescono a coprire spesso ovvie forzature musicali, facilmente evitabili. Youth Lagoon è passato in troppo poco tempo da un suono omogeneo e concreto ad un variegato di idee che non legano bene tra di loro, risultando spesso in sconclusionate cantilene prive di un impronta vera e propria. La narrazione del disco viene assorbita dalla miriade di rumori ed effetti, rimanendo, in fin dei conti, privo di personalità.
Giammarco Pizzutelli