Nuovo disco dopo 4 anni
Dopo quattro anni di silenzio discografico, il crack di Billie Joe Armstrong, ora sobrio dopo un lungo rehab, l'ingresso nella Rock'n'Roll Hall of Fame, i Green Day tornano con un album, "Revolutionary Radio" che è probabilmente la cosa migliore che fanno dai tempi, il 2004, di "American Idiot". E' forse solo una coincidenza ma anche questo nuovo album esce al tempo delle elezioni negli Usa: così come allora i riferimenti a George W. Bush erano evidenti, questa volta Armstrong non ha esitato a dire, a proposito di "Troubled Times" (tempi difficili), un brano che descrive le difficoltà dell'America d'oggi, che "Trump sta mirando alle paure, alla rabbia e alla disperazione della gente ... sta nutrendo cani affamati". Stavolta i Green Day non si presentano con le ambizioni di un'opera rock da portare a Broadway (vedi "American Idiot") nè con la pretesa di fare accendere il dibattito politico.
A dispetto del titolo, "Revolutionary Radio" è una raccolta di 12 brani, dove, a livello di testi, non ci sono slogan. Piuttosto prevale il quasi fisiologico desiderio di Billie Joe Armstrong di affermare di essere ancora vivo. Il suo contatto con il mondo avviene attraverso uno sguardo che inevitabilmente si posa su una società in preda agli incubi. Al tempo stesso si sente forte il peso della nostalgia, l'inevitabile constatazione di quanto tempo sia passato da quando lui e il suo amico di sempre - il bassista Mike Dirnt - erano due dropout di Oakland, a oggi. Sono molti anni vissuti pericolosamente che li hanno fatti diventare delle star. Non per niente nel brano iniziale, "Somewhere Now" la domanda è: "come è accaduto che una vita vissuta sul lato selvaggio sia diventata così monotona?". Sono tanti i temi affrontati e nessuno è leggero: "Bang Bang" il primo singolo, un punk vecchia maniera, parla ad esempio, di un cecchino di massa e di come i media raccontino queste vicende, ma c'è spazio per le manifestazioni del movimento Black Lives Matter, gli scontri di Ferguson in Missouri, l'ineguaglianza economica. E in fondo di fatica del vivere.
Le immagini più ricorrenti sono pistole, bombe, guerre, distruzioni, un mondo sul punto di crollare. Musicalmente parlando, "Revolutionary Radio" è ben piantato nella tradizione rock punk della band: ma ci sono evidenti omaggi agli Who, in particolare in "Somewhere Now" il brano di apertura, e in "Forever Now", la traccia più ambiziosa dell'album, quasi sette minuti di momenti musicali diversi tra loro ma ben cuciti l'uno all'altro, echi di Ramones o del post grunge, ma anche sorprendenti omaggi all' American Classic Rock da FM tipo Cars o Boston (nelle ballad). L'album si chiude con una ballad acustica, "Ordinary World", title song di un film che in America uscirà la prossima settimana, e che ha per protagonista Billie Joe Armstrong, nel ruolo di un punk rocker arrivato ai 40 anni. Quello di questa canzone è certamente molto più sereno dell'autore che ha scritto gli altri 11 pezzi dell'album che a 44 anni c'è arrivato con un carico di angoscia e rabbia che sembra il riflesso dell'America che ha intorno.