Morte violenta in Sudafrica. Greg Marinovich. 1991.
I quattro fotografi che seguono il violento passaggio del Sudafrica dall'appartheid a una nuova forma di governo vennero soprannominati "Bang Bang Club".
Una rivista Sudafricana coniò il nome in riconoscimento delle loro fotografie sugli scontri sanguinosi nei sobborghi neri del Paese.
Scattare fotografie in zone come Soweto era pericoloso: erano teatro di violente lotte tra i sostenitori dell'appena legalizzato ANC di Nelson Mandela, e quelli del partito zulu Inkatha.
Greg Maronovich, dell'Associated Press, era uno dei membri del Bang Bang Club.
Insieme ai colleghi, che lavoravano sia da free lance sia nell'organico dei quotidiani di Johannesburg, si mise in viaggio per i sobborghi al mattino presto.
Chiamavano le loro incursioni "ricognizioni dell'alba", perchè spesso scoppiavano disordini quando la gente si trovava in strada per andare al lavoro.
Le pensioni dove vivevano i lavoratori erano il punto di origine di repentine, imprevedibili violenze.
Il gruppo si spostava insieme, a volte in tre, a volte in quattro, come forma di protezione contro la violenza che poteva facilmente rivolgersi contro i fotografi bianchi quando scoppiavano i disordini.
Inoltre, mentre le due fazioni si combattevano corpo a corpo con pietre, coltelli, lance e armi leggere, spesso la polizia faceva eccessivo uso delle armi da fuoco per fermare la guerriglia e i fotografi finivano nel fuoco incociato.
Il 15 settembre 1990 Marinovich si trovava a Soweto per tenere d'occhio le pensioni presso le quali nei combattimenti degli ultimi mesi erano morti centinaia di persone.
Vicino a una stazione ferroviaria notò un gruppo di giovani accovacciati presso una massicciata, che gli dissero che gli Zulu dall'altra parte avevano sparato contro di loro.
In quel momento uno del gruppo fece fuoco con una pistola in direzione della pensione degli Zulu.
Si udirono altri colpi, ma fu impossibile dire da dove provenissero.
Un movimento sulla banchina ferroviaria attirò l'attenzione di Marinovich. Alcuni uomini ne strattonavano un altro spingendolo verso la strada. Marinovich raccontò in seguito: "Dissero che l'uomo era uno Zulu dell'Inkatha, e una spia". Chiesi loro come lo sapessero e mi risposero: "Lo sappiamo e basta".
Trascinarono l'uomo in strada e lo colpirono con grosse pietre facendolo stramazzare a terra.
Molti aggressori lo pugnalarono al petto con grossi coltelli.
Quando si rialzò i giovani gli scagliarono contro altre pietre e lo fecero nuovamente cadere.
Dissero a Marinovich: "niente foto, niente foto" e lui replicò: "la smetterò quando voi smetterete di cercare di ucciderlo". Ma il linciaggio proseguì.
Uno degli aggressori si fece avanti e affondò un pugnale nel collo dell'uomo. Questi si rialzò e cercò di barcollare via, ma fu raggiunto da altre pietre, e altri fendenti.
Gli versarono addosso della benzina. Comparve una scatola di fiammiferi, uno degli aggressori ne accese uno e lo gettò sull'uomo ferito.
Il fuoco divvampò in pochi istanti. Il disgraziato saltò e corse in tondo per qualche istante, quindi cadde a terra e non si mosse più.
Il network dell'Associated Press trasmise l'intera sequenza fotografica in tutto il mondo in pochi minuti e i direttori dei giornali si trovarono alle prese con un problema che avevano spesso incontrato con immagini che in seguito evrebbero vinto il Premio Pulitzer: erano troppo macabre per essere pubblicate? Un sondaggio rivelò che circa metà dei giornali intervistati avevano pubblicato le immagini dell'aggressione o del rogo e molti l'avevano fatto a colori in prima pagina.
Gli altri dissero che le immagini riflettevano un'estrema violenza e un odio animalesco e che erano troppo crude per essere pubblicate.
Ma la giuria del Pulitzer non mostrò altrettanza riluttanza quando assegnò il Premio a Marinovich.
Il riconoscimento in effetti fu una sorta di nulla osta e diversi giornali che non avevano pubblicato le fotografie alla loro prima apparizione lo fecero all'annuncio del prestigioso riconoscimento.
Dopo la sua vittoria, Marinovich continuò a ritrarre i conflitti sudafricani, finchè fu gravemente ferito nel 1992 in uno scontro fra tribù.
In seguito Marinovich lavorò in Israele per l'Associated Press, quindi , dopo la morte di Kevin Carter, lasciò l'agenzia di stampa per dedicarsi alla scrittura.
Altheo "Istanti": Esecuzione a Saigon, Eddie Adams. 1969.
Altheo "Istanti": Una contro mille,Oded Balilty. 2007.
Altheo "Istanti": La bambina e l'avvoltoio, Kevin Carter. 1994.