Andrew Warhola.
6 agosto 1928: Pittsburgh, Pennsylvania. USA. 22 Febbraio 1987: New York, USA.
Re della Pop Art, stesure di colore acceso su immagini serigrafate; ritrae personaggi celebri e prodotti di consumo di massa; regista sperimentale.
Andy Warhol è considerato uno degli artisti più influenti del ventesimo secolo grazie all'impatto universale che la sua tecnica e la sua concezione della pratica artistica ebbero sull'arte postmoderna.
Dopo essersi laureato in disegno pittorico presso la Carnegie Mellon University, Warhol lavorò inizialmente come grafico pubblicitario.
Nel corso degli anni Cinquanta diventò un illustratore di successo, ideando pubblicità per importanti aziende come la Miller Shoes; allo stesso tempo si occupò di scenografie e illustrazioni per i libri.
Nel 1956, le sue opere comparvero per la prima volta in una mostra collettiva al Museum of Modern Art di New York.
Warhol iniziò le sue sperimentazioni con la pittura nei primi anni Sessanta, usando come base i fumetti di Braccio di Ferro e Superman.
Alla sua prima personale alla Ferus Gallery espose la serie ispirata alle trentadue varietà di zuppe Campbell in barattolo.
I lavori realizzati in quegli anni avevano lo scopo di commentare la natura massificata e serializzata di ogni aspetto della cultura statunitense, attraverso la riproduzione degli omnipresenti prodotti commerciali e di icone celebri.
Per esempio, le immagini delle lattine di zuppa Campbell rappresentavano la desensibilizzazione crescente nei confronti dell'uniformazione dei beni di consumo, mentre l'immagine del volto di Marilyn Monroe è divenuta un'icona vistosa e "prefeconfezionata".
L'ossessione di Warhol per il cinema si manifestava nelle serie ispirate a Elvis Presley, Marlon Brando ed Elizabeth Taylor, che dimostrano come la ripetizione compulsiva delle immagini si esprima per sempre nella nostra mente.
Le sue raffigurazioni di disastri, episodi di cronaca nera e scontri razziali, basate sulla rielaborazione di ritagli di giornale, si contrappongono nettamente a quelle degli idoli di culto e di prodotti banali.
Le opere che raffigurano le sedie elettriche affrontano con impegno politico il tema della pena di morte; quelle su Jackie Kennedy, ritratta poco dopo il violento assassinio del marito, sono un promemoria della forte tensione del tempo.
L'iconografia di Warhol negli anni Sessanta evidenzia l'aspetto effimero della fama e la realtà della morte.
Le opere di spicco degli anni Settanta in poi includono ritratti del leader comunista Mao Zedong e dipinti commissionati da celebrità desiderose di essere immortalate nel classico stile Warhol.
Negli anni Ottanta, il noto autore collaborò con giovani artisti come Jean-Michel Basquiat e dipinse il simbolo del dollaro per condannare le speculazione oltraggiose in atto sul mercato dell'arte contemporanea.
L'opera di Warhol, derivata dall'arte di massa, prodotta in serie, pose le mani per la pop art e salda senza cuciture gli aspetti convenzionali dell'arte alla vita quotidiana.
La pop art riflette una società saturata e dominata dalla mercificazione e dal consumismo.
Warhol arrivò a dichiarare:"Osservando un oggetto abbastanza a lungo, esso perde qualsiasi significato".
Ciononostante, Warhol abbracciò pienamente la cultura della produzione in serie per produrre le sue serigrafie "a ciclo continuo"; gli assistenti del suo studio contribuivano alla realizzazione delle sue opere, cosicchè la mano dell'artista scompare intenzionalmente dal prodotto finito.
Oltre all'eliminazione della paternità autoriale, la pop art si caratterizza stilisticamente per l'uso di colori decisi e vivaci: l'autore spesso manipola l'originale introducendo tinte elettrizzanti per sottolieare la facciata superficiale delle icone statunitensi.
Warhol seppe catapultare l'arte verso una nuova direzione; ma era anche noto per la sua presenza teatrale e la vita lussuosa che ruotava attorno alla sua Factory, lo studio che fungeva anche da luogo di intrattenimento.
Amava frequentare diversi gruppi sociali, dall'èlite di Hollywood agli eccentrici bohèmien, e diventò lui stesso personaggio di culto.
Unico ed incredibile è stato il suo incontro ad una festa con la voce dei Doors, Jim Morrison.
Gli autoritratti che realizzò in diversi momenti della carriera enfatizzano il suo desiderio di raggiungere la celebrità.
Produsse anche film d'avanguardia, tra cui "La mia marchetta" (1965) e "Le ragazze di Chelsea" (1966), che indagano la cultura gay e la sperimentazione sessuale.
Firmò la celebre copertina dell'albun "The Velvet Underground and Nico" e nel 1969 fu cofondatore di "Interview", una rivista di intrattenimento e cultura mediatica.
Ho sparato a Andy Warhol
Nel 1968 la scrittrice femminista Valerie Solanas sparò a Warhol.
La Solanas, che viveva di prostituzione, era nota per aver scritto il manifesto Scum (Society fot Cutting Up Men), che analizza le potenzialità di una società popolata solo da donne.
Dopo aver conosciuto Warhol a New York, la donna gli chiese di produrre il suo dramma teatrale "Up your ass" (1966).
L'artista non solo rifiutò, ma non le retituì nemmeno il copione.
In seguito Warhol cedette all'insistenza e alle molestie della donna, dandole una parte nel film "Io,un uomo": (1968).
Non contenta la donna aspettò l'artista alla Factory e gli sparò, colpendo anche il suo manager Fred Hughes e il critico d'arte Mario Anaya.
Warhol sopravvisse, ma non guarì del tutto dalle ferite.
Valerie Solanas si consegnò alla polizia, dichiarando di aver sparato all'artista perchè "aveva troppo potere su di lei".
Venne condannata a una pena di tre anni, sebbene Warhol non avesse sporto denuncia.
Dall'episodio nel 1996 è stato tratto il film: "Ho sparato a Andy Warhol".
Altre due sparatorie si susseguirono alla Factory: durante la prima uno sconosciuto sparò colpi in aria; la seconda ebbe come protagonista l'attrice Dorothy Ponder, che prese di mira quattro immagini di Marilyn Monroe, durante una sorta di strampalato happening artistico.
I dipinti colpiti aumentarono di valore dopo l'accaduto.