sabato 16 aprile 2016

Altheo "Moda": Chi è Iris Apfel, icona di moda 94enne.



Per diventare come lei dovete vestirvi immaginando di suonare jazz.




Nelle ultime settimane avrete forse visto in tv o sui cartelloni la pubblicità del nuovo modello Citroën DS 3 e ne avrete notato la testimonial piuttosto insolita: una signora di 94 anni vestita in modo colorato ed eccentrico. Probabilmente non la conoscete: si chiama Iris Apfel, è una famosa collezionista, arredatrice di interni, imprenditrice e, come dice lo spot, “un’icona nel mondo della moda”, con 195 mila followers su Instagram. Lei invece si definisce con autoironia e understatement una “starlet geriatrica”. Stilisti, modelli e giornalisti di moda la apprezzano per il suo stile originale e ridondante, che mette insieme collane e bracciali appariscenti, colori brillanti, stampe ricercate, pellicce vistose: in breve la cosa più distante dallo stile minimal che potete immaginare. L’altro segno distintivo di Apfel sono i grandi occhiali tondi che indossa sempre.



Nello spot Apfel dice «Una volta qualcuno mi ha detto “Non sei bella e mai lo sarai, ma non importa, tu hai qualcosa di meglio: tu hai stile”». La frase allude alle qualità della Citroën DS 3, ma ad Apfel venne detta davvero quand’era giovane dalla proprietaria di Loehnmann’s, un grande magazzino di Brooklyn, a New York. Questo aneddoto e buona parte della storia di Apfel sono stati raccontati in un apprezzato documentario del 2015 (disponibile su Netflix) diretto dal regista Albert Maysles e intitolato Iris.

Iris Barrel (il suo cognome da nubile) è nata il 29 agosto 1921 nella zona di Astoria del quartiere Queens, a New York, da genitori ebrei: il padre Samuel Barrel possedeva un’azienda di vetri e specchi e la madre Sadye una boutique di moda. Apfel studiò storia dell’arte alla New York University e frequentò la scuola d’arte dell’università del Wisconsin. Lavorò per la rivista Women’s Wear Daily, per la designer di interni Eleanor Johnson, e come assistente dell’illustratore Robert Goodman.

Apfel è il cognome del marito Carl, che incontrò nel 1948 e sposò un anno dopo: con lui fondò nel 1950 l’azienda tessile Old World Weavers, che diressero insieme fino al 1992, quando la cedettero all’azienda tessile Stark. Apfel ha raccontato che all’epoca lei e il marito andavano sempre due volte all’anno in Europa, viaggiando con bauli lunghi alcuni metri, per portarsi a casa tessuti e chincaglierie (che ora riempiono le sue case di Palm Beach e New York, oltre ad altri magazzini in città). La Old World Weavers si occupava soprattutto di riproduzioni di tessuti, dal XVII al XX secolo, e divenne famosa nel settore per aver arredato la Casa Bianca per nove presidenti: Harry Truman, Dwight D. Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, John F. Kennedy, Lyndon B. Johnson, Jimmy Carter, Ronald Reagan e Bill Clinton.
Apfel divenne famosa nel mondo della moda nel 2005. Harold Koda, curatore del prestigioso Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, si ritrovò a dover sostituire una mostra cancellata all’ultimo momento, e decise di esporre gli abiti e gli accessori collezionati da Apfel: ne venne fuori una delle esposizioni di maggior successo del museo, intitolata “Rara Avis: The Irreverent Iris Apfel”. È molto raro che il Costume Institute dedichi una mostra a una singola persona, soprattutto se non è una stilista e se è ancora in vita: prima di Apfel l’aveva fatto solo per la moglie del presidente americano John Kennedy, Jackie Kennedy (nel 2001), e dopo di lei per le esponenti dell’alta società Nan Kempner (2006) e Jacqueline de Ribes (2015). La mostra ebbe molto successo e Apfel è diventata sempre più famosa e apprezzata: ha collaborato con aziende di moda, insegna moda all’università di Austin, in Texas, ed è una presenza fissa delle varie settimane della moda.

Apfel colleziona da sempre vestiti e gioielli: dice di aver comprato la sua prima spilla in un negozietto in un seminterrato di Greenwich Village, quando aveva 11 o 12 anni, pagandola 65 centesimi di dollaro. Da allora ha continuato a bazzicare mercatini e chincaglierie (nel documentario la si vede gironzolare ad Harlem), contrattando il prezzo con i venditori. Non si limita a comprare gioielli a buon mercato ma li mescola con altri lussuosi e molto più cari. La bellezza di un oggetto, dice, non dipende dal prezzo: uno dei suoi anelli preferiti è costato quattro dollari e lo preferisce di gran lunga a uno regalatole dal marito e acquistato da Harry Winston, un prestigioso marchio americano di gioielli.
Il suo interesse per la moda e il design furono ispirati dalla madre che era una grande appassionata di accessori, perché erano facili da abbinare al classico tubino nero: un capo che per la sua versatilità era adatto alla necessità di risparmiare negli anni della Grande Depressione. Ora i vestiti, gli accessori e i gioielli di Apfel riempiono molte stanze dei suoi appartamenti di New York e a Palm Beach, la casa di sua madre e un altro magazzino.
L’idea di stile di Apfel ruota attorno all’idea di unicità, per cui ognuno dovrebbe cercare un proprio stile personale, contrariamente all’omologazione piuttosto diffusa. Cerca di non vestirsi due volte allo stesso modo, e di variare accostamenti ogni volta. «Mi piace improvvisare. Penso sempre che mi piace fare le cose come se stessi suonando jazz. Prova qui, prova là. [..] Mi piace più il processo che mi porta a scegliere cosa indossare, che indossare qualcosa. La cosa più bella è prepararsi per una festa: chissenefrega di andare a una festa. Il punto è vestirsi per andare a una festa».

Altheo "Fotografia": Downtown Los Angeles rinasce tra la fotografia e l’indie rock di Coachella.


Il vecchio centro della città vive una stagione felice. Mostre di arte e di fotografia, concerti, nuovi locali.




Tutto, improvvisamente, succede a Downtown. I cocktail parties sulle terrazze da vertigine dei grattacieli; le coppie eleganti che fluttuano la sera tra gli spigoli della First St. e la Grand Ave, dalla Walt Disney Concert Hall a un bar alla moda; le inaugurazioni di ristoranti e mostre d’arte nelle costole segrete delle torri di uffici; i set fotografici nei magazzini dismessi dell’Arts district, diventati più popolari, tra i fotografi di celebrities, delle spiagge di Malibu e delle piscine di Beverly Hills. Aprile è il mese della fotografia a Los Angeles e il sipario si è alzato sul vecchio centro della città, cuore storico che sembra più contemporaneo che mai. Downtown è tornata nell’obiettivo dei fotografi, come Lever Rukhin, che ha fotografato LA a bordo della sua decrepita Volvo del 1975 (mostra al Glassell Commons Space dal 28 aprile). Allo stesso tempo, Downtown si sta affollando di studi e gallerie. Come Downtown Photoroom (che inaugura una mostra di fotografia collettiva il 15, «Dis/Exists») in un tratto della Broadway fino a poco fa considerato terra incognita sulle mappe cittadine. La galleria è all’interno di The Reef, un complesso di 80 mila mq dove le opere d’arte nascono accanto alle start-up.  

FORMATO KOLOSSAL  
Uno dei motori culturali della rinascita è stata l’apertura del nuovo The Broad, il museo privato di arte contemporanea, proprio a lato della Concert Hall firmata da Frank Gehry: la facciata piatta, coperta da un esoscheletro traforato contrasta con le ondulazioni da spinnaker dei volumi asimmetrici dell’edificio di Gehry. All’interno del museo, lo studio di architettura newyorchese Diller, Scofidio e Renfro, ha preparato per il pubblico un accesso graduale all’arte. Le sale espositive, che accolgono star come Cindy Sherman (prima personale del museo, dall’11 giugno al 2 ottobre, con 125 fotografie dalla collezione di Eli ed Edyth Broad, finanziatori del museo), il «vecchio» pop iconico di Ed Ruscha, insieme ad artisti meno noti come il losangelino Lari Pittman.  

The Broad, però, è uno spazio sereno. Le aperture nelle pareti del terzo piano lasciano vagare l’occhio sullo skyline di Downtown. E sulla Grand Avenue, che il costruttore-mecenate Eli Broad vorrebbe trasformare in un viale delle arti, allestendo performance nel vicino Grand Park, alzando un ponte pedonale che colleghi fisicamente il nuovo museo con il Moca (Museum of Contemporary art), una delle istituzioni culturali più innovative della città.  

MUSICA GIOVANE  
Il museo e la collezione Broad si inseriscono nel processo di trasformazione del centro economico di Los Angeles, la vecchia Bunker Hill, la collina dalle strade in saliscendi dove vagabondava John Fante, ora spianata. Da New York continuano ad arrivare artisti e galleristi in cerca di loft e atelier più economici, che trovano nell’Arts district a ridosso di Downtown, e anche tra i ristoranti etnici nelle confinanti Chinatown e Little Tokyo. Riassaporano, a Downtown L.A., l’atmosfera dell’East Village e di Tribeca a Manhattan, alla fine degli Anni 70. Con il clima della California. Così aprono negozi di tendenza e bistrot curati da creativi della cucina e del design. In pochi isolati si salta dal dim sum alla paella rivisitata, dal ramen ai tacos. E si cambia atmosfera: al Parish di Spring street sembra di stare sul deck di un transatlantico degli Anni 30; al Bestia, sulla East 7th place, servono piatti italiani in una location da mattatoio post-atomico. Il primo segno di cambiamento sono stati gli alberghi dove andare a farsi vedere più che a dormire; e, in questi giorni, provare le mises hippy-chic e sventolare i braccialetti vip per i weekend dei concerti happening di Coachella nel deserto (il primo dal 15 al 17 aprile, il secondo dal 22 al 24). Alberghi come lo Standard, con la sua infinity pool con vista sulle guglie dei grattacieli contornata da poltrone che sembrano prese dal set di Austin Powers; e l’Ace Hotel, nella torre spanish gothic costruita negli Anni 20, che fu la sede della United Artists di Charlie Chaplin, con il vecchio teatro restaurato, dove ora Philip Glass si dà il cambio con le rock band del momento. E anche la Soho House, il famoso members club internazionale, dopo West Hollywood, sta per aprire un nuovo indirizzo a Downtown.  

Si torna ad abitare nel distretto che non è più solo finanziario grazie a una legge che facilita la riconversione della moltitudine di uffici in abitazioni per giovani affluenti. E grazie al progetto di espansione della ferrovia metropolitana che collegherà Downtown con le spiagge di Santa Monica e Venice, sul Pacifico, The Broad con le gallerie d’arte della Bergamot Station e le boutique hipsters chic di Abbott Kinney. Sarà più facile, vivere e attraversare LA, grazie alla rinascita della sua Downtown. 



(Uno dei motori culturali della rinascita è stata l’apertura del museo privato di arte moderna The Broad» proprio a lato della Concert Hall firmata da Frank Gehry )  

venerdì 15 aprile 2016

Altheo "Milano design": Atelier Swarovski Home.


Swarovski lancia il nuovo marchio di accessori per la casa firmati da Aldo Bakker, Daniel Libeskind, Fredrikson Stallard, Kim Thomé, Raw Edges, Ron Arad, Tomás Alonso, Tord Boontje e Zaha Hadid.





Alla design week 2016 Swarovski lancia Atelier Swarovski Home, il nuovo marchio lusso di accessori per la casa. Per la collezione d’esordio la maison svizzera ha chiamato a raccolta alcuni dei designer internazionali più quotati e altri talenti emergenti: Aldo Bakker, Daniel Libeskind, Fredrikson Stallard, Kim Thomé, Raw Edges, Ron Arad, Tomás Alonso, Tord Boontje e Zaha Hadid, con uno dei suoi ultimi lavori. Quasi tutti i pezzi sono realizzati con materiali misti, abbinando il cristallo a marmo, metalli e resine insieme, e fanno pieno uso delle nuove tecnologie sviluppate dagli esperti Swarovski, come la stampa laser-jet sul cristallo e la tecnica di taglio Wave Cut che permette di incidere forme curve.
Dagli scacchi, ispirati alle architetture di Milano, di Daniel Libeskind ai vasi minimal con base in marmo di Aldo Bakker; dalle lettere di cristallo di Ron Arad ai centrotavola effetto ghiaccio dei Fredrikson Stallard. E ancora i candelabri di Kim Thomé, i recipienti a colori dei Raw Edges, i vasi micro-decorati di Tord Boontje, i piatti prismatici di Tomás Alonso e la scultura in metallo e cristallo di Zaha Hadid.
La mostra a Palazzo Cagnola (via Cusani 5) allestita dagli architetti milanesi Piuarch accoglie il publico in un gioco di riflessi che cita le mille sfaccettature dei cristalli. Ogni elemento di design è in dialogo con l’architettura tardo-neoclassica del palazzo, tra i bellissimi affreschi del soffitto e i pavimenti in graniglia. La collezione Atelier Swarovski Home sarà in vendita nei negozi a partire dall’autunno 2016.
Atelier Swarovski Home
quando: 12-17 aprile 2016
dove
: Palazzo Cagnola, via Cusani 5, Milano (M1 Cairoli)

Altheo "Milano Design": Gufram: i suoi primi cinquant’anni.


L’azienda piemontese festeggia il conto tondo con la mostra “On the Rocks” in Corso Como 10. La dichiarazione che il movimento di rottura del “radical design” non è finito.




Gufram festeggia il mezzo secolo di vita controcorrente con nuovi prodotti, delle riedizioni dell’archivio e alcune limited edition. Nello spazio al primo piano della Galleria Carla Sozzani è stata allestita la mostra “Gufram On the Rocks”, con un mare evocato da una moltitudine di cubi azzurri di poliuretano espanso, sul quale fluttuano le “sculture domestiche”, come sono stati definiti i pezzi prodotti dall’azienda piemontese, da qualche anno di proprietà della famiglia Vezza. “Nel mare del design Gufram è ancora molto presente”, afferma Axel Iberti, giovane responsabile prodotto. “Tante delle cose progettate in passato sono ancora attuali – continua – e quello che era un movimento di rottura, il radical design, dal ‘66 (anno di nascita di Gufram) al ’75, ha rappresentato anche un momento di liberazione poi diffusa ad altri, con una funzionalità latente ma che esiste”. I nuovi arredi, come i volumi Untitled di Kris Ruhs o la seduta Mimosa di Marcel Wanders, vanno ad aggiungersi al catalogo un po’ pazzo, che annovera, tra gli altri, Toiletpaper – Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, Ross Lovergrove, Alessandro Mendini, Studio 65 e Studio Job. Per questo compleanno, Gufram si è regalata anche dei pezzi trattati espressamente per l’outdoor (esposti in terrazza) e quattro riedizioni in edizione limitata in vendita nel negozio di Corso Como 10, tra cui una versione tutta d’oro in cinquanta pezzi del divano-bocca del 1970.
Dove: Corso Como 10. MM Garibaldi
Quando: in mostra dal 10 aprile al 1 maggio
Tutti i giorni dalle 10.30 alle 19.30
Mercoledì e giovedì 10.30 alle 21