martedì 24 gennaio 2012

Altheo "istanti": Oded Balilty. Una contro mille. 2007.

Altheo "istanti":
Le foto vincitrici del Premio Pulitzer.
Oded Balilty. Una contro mille. 2007.




La conflittualità non era nuova per Oded Balilty, il quale, in due anni come fotografo dell'Associated Press a Gerusalemme, aveva spesso seguito gli scontri tra Israele e Palestinesi.
Il 1 febbraio 2006, nella cittadina cisgiordana di Amona, a poca distanza da Ramallah, la situazione era un po' diversa: gli Israeliani affrontavano altri Israeliani.
I coloni di Amona avevano costruito case sulla terra palestinese e i tribunali d'Israele le avevano dichiarate illegali ordinandone l'evacuazione.
Le forze di sicurezza Israeliane furono incaricate di sovrintendere all'evacuazione.
Lo scontro era certo, i coloni avrebbero opposto resistenza, e Balilty e altri fotografi si trovavano sulla scena per immortalare qualunque cosa accadesse.
Ben presto la situazione divenne caotica. Le forze di sicurezza avanzarono verso l'insediamento mentre i coloni cominciavano a lanciare pietre.




"Vidi la giovane donna esitare un attimo e la fila di agenti avanzare, e non feci altro che afferrare la mia fotocamera", ricordò Balilty in seguito.
La contestatrice solitaria si mise davanti alle forze di sicurezza, ma essi caricarono a testa bassa quel fragile ostacolo.
Balilty scattò la sua fotografia: una giovane con una gonna lunga che da sola cerca di fermare le forze in tenuta antisommossa e armate di manganelli.
Gli agenti la gettarono a terra, la colpirono con i manganelli, la strattonarono per i capelli e proseguirono verso il loro obiettivo.
L'immagine era nella classica tradizione di Davide contro Golia (sebbene in questo caso, qualcuno commentò in seguito, Davide sia stato sconfitto), e fu ampiamente pubblicata in tutto il mondo.
La ragazza della fotografia, che si presentò come Nili, era una quindicenne abitante di Amona.
Definì lo scatto un disonore per Israele perchè mostrava le forze di sicurezza attaccare la popolazione anzichè difenderla.





"Sapevo di avere un ottima immagine", affermò Balilty, "ma non avevo mai pensato al Premio Pulitzer".
Disse che quando gli fu comunicata la notizia della vittoria si era sentito "come se avessi toccato il cielo con un dito". L'immagine scatenò reazioni diverse.
Alcuni sostenevano che il governo israeliano faceva finalmente qualcosa per la questione degli insediamenti; altri credevano che il governo avesse agito con scarsa saggezza e che fosse stato immortalato un uso non necessario della mano pesante contro la comunità.
Balilty commentò a proposito di queste reazioni contraddittorie: "Secondo alcuni la fotografia rifletteva idee di sinistra, per altri era in favore della destra.
E' la bellezza di questo scatto: entrambi le parti pensavano di aver ragione. Gli uni dicevano: Guarda stanno resistendo, gli altri: bene, stanno evacuando i coloni".
Oltre al Pulitzer, lo scatto si aggiudicò molti altri premi internazionali.
Balilty, che è nato a Gerusalemme e ha imparato a fotografare nell'esercito israeliano, ha lavorato per un giornale e un'agenzia di stampa prima di entrare all'Associated Press.
Balilty ha anche fatto parte della squadra di fotografi dell'Associated Press che realizzò il fotoreportage della battaglia tra Israele e Hezbollah in Libano classificandosi secondo al Premio Pulitzer del 2007.



Altheo "istanti": Kevin Carter. La bambina e l'avvoltoio.

sabato 21 gennaio 2012

Altheo "scultura": La scultura di Domenico Colanzi.

Altheo "scultura": La scultura di Domenico Colanzi.
Raccontato da Pedro Fiori.




Lo conosco bene. Domenico Colanzi è un uomo silenzioso.
Parla poco. Sente e pensa molto. E' nel profondo un emotivo: Una persona viscerale.
Tutto il suo universo creativo, il senso che ha dato alla sua vita di artista, è sintetizzato nelle sue immagini plastiche: stilizzate fino alla metafora figurale, allusive fino alla coralità del simbolo.
Scultore come dimensioni metaforiche di voli della materia e della forma con quelle "illuminazioni" interattive tra spazi pieni e spazi vuoti.
Una "circolarità del segno", la sua, che avvolge in un movimento emblematizzante tutto il volume: è un modulo enucleante della sua scultura.
Immagini che quindi vivono come una ritualità della sua fantasia. Come uno scavare della sua emotività nelle sensazioni che lo nutrono.
Sono rivelazioni di quella sua "poesia della pietra (della Maiella), del marmo (rosa e nero), del bronzo".
Simboli che lui fa nascere dalla materia mediante il processo epifanico delle forme.




Agli inzi degli anni 80, scrivendo del mondo immaginativo colanziano, a Milano (le sue sculture e i suoi dipinti) chiamano infatti Colanzi "un originale artista del nostro tempo": Da allora a oggi il cammino di Colanzi, nato ad Archi (Chieti), ha seguito il proprio destino.
Posso affermare che da tempo, una sua dimensione all'interno dei valori dell'attuale panorama della scultura italiana: come proposta e problematica di quella tendenza che, anche in ambito internazionale, ho definito "Scultura simbolica".
Scultore di razza, creatore di sensazioni emozionali, nelle sue opere si sentono i battiti dell'intuizione e le riflessioni dell'intelligenza.









Seguo con attenzione la ricerca formale e semantica che nutre l'espressività di questo maestro abruzzese trapiantato a Milano.
Lui ha continuato ad estendere, e ricercare i temi che gli stanno a cuore, che gli permettono, infine, di liberare, in modo catartico, i suoi sentimenti e tradurli, poi, in un linguaggio plastico moderno suggestivo nei suoi pregnanti significati: quel labirinto dell'inconscio che ci portiamo dentro come una ferita.
Ha saputo sempre rinnovarsi nel suo stile senza perdere mai la propria identità riflessiva. Come fanno i veri artisti.
Le sue opere sono state esposte in diverse città d'Italia e dell'estero (in altre d' Europa, negli Stati Uniti, nel Canada, In Australia e in Sudafrica.
Numerose personali e partecipazioni a rassegne, biennali, fiere internzionali.
Colanzi è un disegnatore nato è la capitale meneghina è appunto il suo nucleo di proiezione: la città del Futurismo di Marinetti e dello spazialismo di Fontana.
E', a mio avviso, uno degli scultori più significativi della sua generazione.
I suoi lavori lo confermano.


Altheo "Fotografia del XX secolo": Dorothea Lange.

Altheo "Fotografia del XX secolo": Dorothea Lange.




"Giù le mani! Non infastidisco quello che fotografo, non ci metto niente di mio, non preparo niente".
Questo è uno dei principi della fotografa americana Dorothea Lange, che con la sua opera ha fornito un contributo tra i più vivaci alla fotografia impegnata e socio-documentarista del XX secolo.
Dopo aver frequentato la Columbia University di New York con Clarence H. White, dal 1917 al 1919 Dorothea Lange lavora inizialmente come fotografa freelance a San Francisco.
sconcertata dal numero di persone senza tetto e in cerca di un lavoro durante gli anni della depressione, decide di ritrarre l'uomo della strada per attirare l'attenzione sulla sua miseria mediante le sue fotografie.
Nel 1935, entra al servizio della Farm Security Administration (FSA) e realizza un reportage sulle condizioni di vita nelle zone rurali degli USA.
Documenta in modo spietato la dolorosa povertà dei lavoratori e delle loro famiglie che si spostano di luogo in luogo in cerca di lavoro.
Con le sue fotografie Dorothea Lange documenta non solo l'avvilimento e la disperazione, ma coglie al tempo stesso anche l'orgoglio e la dignità con cui queste persone sopportano il proprio destino.
Una delle fotografie più famose e più pubblicate dell'intero progetto FSA è "Madre senza Patria", ritratto di una lavoratrice californiana che peregrina di paese in paese con i suoi tre bambini.




Il volto della giovane donna è segnato dalle rughe e il suo sguardo si perde preoccupato in lontananza.
A destra e a sinistra i due bambini più grandi si sono appoggiati alle sue spalle cercando protezione e nascondono timidi il volto davanti all'obiettivo, mentre il piccolo in grembo alla mamma è addormentato.
Con questa immagine di estrema concentrazione e compattezza, Dorothea Lange ha creato un icona della fotografia dell'impegno sociale.





Altheo "Fotografia del XX secolo": Irving Penn.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Gordon Parks.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Gregory Colbert.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Alfred Cheney Johston.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Peter H. Furst.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Franco Fontana.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Cohen Serge Moreno.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Elsken Ed van der.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Margaret Bourke-White.

giovedì 19 gennaio 2012

Altheo "Design Gran Bretagna": Wells Coates. Designer di mobili e product designer.

Altheo "Design Gran Bretagna": Wells Coates.
Designer di mobili e product designer.





Wells Coates face parte del più importante gruppo di architetti e designer d'avanguardia che operarono in Gran Bretagna nel periodo tra le due guerre, ma i suoi progetti furono così innovativi da continuare a suscitare interesse ed ammirazione, ciò che è dimostrato dai prezzi cui sono state vendute in recenti aste.
Le sue realizzazioni comprendono complessi residenziali in stile modernista, tra cui vanno ricordati i "blocks" di Lawn Road a Hampstead a nord di Londra e la Embassy Court di Brighton, la facciata e gli interni dei negozi Cresta Silk, gli interni della BBC Broadcasting House, la "Minimum Kitchen" esposta nella Dorland hall a Londra, oltre a un sorprendente apparecchio radio rotondo, in bachelite, realizzato dalla Ekco.
Quest'ultimo ha contribuito a mantenere alta la reputazione di Coates fino ai nostri giorni e ne ha fatto uno dei pionieri del design inglese moderno.




Canadese di nascita e cresciuto in Giappone, Coates studiò ingegneria a Londra, furono i suoi studi di ingegneria ad affinare la predisposizione per il product design.
Fu un designer prolifico, e nella sua seppur breve carriera lavorò a una gamma di prodotti molto estesa.
Grande appassionato di sport, disegnò un catamarano per suo uso personale.
Come abbiamo già ricordato il suo lavoro per la Ekco fu estremamente radicale, e contribuì a trasformare la radio dal "mobile" che era, a piccolo elettrodomestico.
Le radio e le stufe elettriche di Coates sono caratterizzate da un purismo nella linea che rimanda al razionalismo europeo e che le fa associare al modernismo piuttosto che alla tendenza tutta americana a realizzare prodotti dalla linea affusolata.
Ricordato come uno dei pionieri del design britannico, negli ultimi anni della sua vita Coates lasciò l'Inghilterra per gli Stati Uniti, dove fu chiamato a insegnare design ad Harvard.


Vita.

1895. Nasce in Giappone, con cittadinanza canadese.
1919. Studia a Londra.
1925. Inviato speciale alla Exposition Internationale des Arts decoratifs di Parigi.
1928. Allestimenti per la catena di negozi Cresta Silks.
1931. Fonda lacon Jack Pritchard la ditta Isokon.
1944. E' proclamato Royal Designer for Industry.
1958. Muore negli States.

Prodotti.

1931. Arredamento per la BBC Broadcasting House, Londra.
1933. Arreda la Minimum Kitchen nella Dorland Hall di Londra.
1934. Radio AD65 per Ekco.
1947. Radio Princess Handbag per Ekco.





Altheo "Design Gran Bretagna": Laura Ashley. Stilista.
Altheo "Design Gran Bretagna": Vaughan Oliver. Grafico.
Altheo "Design Gran Bretagna": Roy Fleetwood. Product Designer.
Altheo "Design Gran Bretagna": Jamie Reid. Grafico.

martedì 17 gennaio 2012

Altheo "vinile": Eric Clapton, Unplugged 1992.

Altheo "vinile": I 100 LP che hanno fatto la storia della musica.
Eric Clapton, Unplugged 1992.




Caduto il "Muro", abbiamo visto la riunificazione tedesca nel 1990, nel 1991 la disgregazione sovietica, e in questo 1992 la sua accelerazione.
Non essendoci più un centro politico ideologico, che controlla il Paese, ogni nazione riprende in mano la vecchia cartina e la ripropone con il suo antico nazionalismo davanti a tutti, con la forza, a volte anche impari.
Il "terremoto" Tangentopoli, pur appena all'inizio, causa immediate ripercussioni nella politica delle elezioni del 5 aprile, con effetti devastanti in alcuni partiti, ma di inaspettato aiuto in altre compagini emergenti, che hanno approfittato del disordine e del caos.
Si dimette il "centesimo" governo Andreotti e il Presidente Cossiga annuncia le sue dimissioni. Sembra tutto molto strano ma vi assicuro che è vero.
L'anno delle stragi: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Salvo Lima, sono la causa inaspettata e forse tardiva della prima manifestazione a Palermo contro la mafia. Centinaia di migliaia di persone hanno deciso di dire basta,
mentre il leghista Miglio propone di staccare la Sicilia dall'Italia.
Bella idea, ero curioso di vedere come cazzo si stacca un isola.
Mah! anche questo è il mio paese.





Negli anni '90 la serie di concerti dal vivo eseguiti negli studi di MTV, chiamati Unplugged, sfociò in una serie di dischi molto interessanti, ma non vi è dubbio alcuno che quello di Eric Clapton fu tra i migliori e il più venduto.
Nell'album Clapton ritorna alle sue origini blues, riproponendo una nuova versione dei suoi pezzi più noti insieme agli standard tipici del blues.
Clapton lavora con una band molto ristretta, basso, batteria, poche tastiere, il che dà grande enfasi alla voce e alla chitarra di "Slow Hands".
L'album si apre con la strumentale Signe dal gusto latino, prima di passare ad una versione di Before You Accuse Me di Bo Diddley.
Clapton mostra la profondità della sua passione per il blues rivisitando pezzi come Nobody Knows You When You're Down And Out di Jimmy Cox, Walkin' Blues di Jesse Fuller.
Ma il materiale originale di Clapton che fa di Unplugged uno dei suoi album più grandi: l'artista da un nuovo respiro a Layla aggiundendovi un ritmo ragtime, mentre la struggente Tears in Heaven è dedicata a Conor, il figlio morto prematuramente.
Unplugged vinse cinque Grammy e arrivò al numero uno della classifica Billboard.

Altheo


Video: Eric Clapton Unplugged: Tears in Heaven.




Altheo "vinile": Queen. News of the World.1977.
Altheo "vinile": Coldplay. Viva la vida. 2008.
Altheo "vinile": Santana. Santana. 1969.
Altheo "vinile": Nirvana. Nevermind. 1991.
Altheo "vinile": Dire Straits. Love Over Gold. 1982
Altheo "vinile": Deep Purple. Made in Japan. 1972.
Altheo "vinile": Hair. 1968

Altheo "Mostre": Adolfo Wildt.

Altheo "Mostre": Adolfo Wildt.
Forlì, omaggio all'arte dimenticata.
Forlì ospita una grande mostra dedicata ad Adolfo Wildt, artista tra i più sofisticati del Novecento.





Non bisogna necessariamente visitare le grandi metropoli o le città più battute dal turismo di massa per vedere grandi mostre che ospitano interessanti opere d’arte: spesso sono le realtà più piccole a proporre al meglio esposizioni di artisti che rischierebbero di essere dimenticati. E’ il caso di Forlì, in Emilia Romagna, l’antica Forum Livii fondata dai Romani nel II secolo a.C. lungo la Via Emilia.
Oggi la città è la capitale della Romagna di mezzo, quella zona circondata dalle terre dei Malatesta che arrivano fino al mare e da quelle che portano all’Appennino. Piazza Aurelio Staffi è una delle più grandi d’Italia: il Palazzo Comunale, quello delle Poste e la Basilica-Abbazia di San Mercuriale rincorrono diverse epoche storiche.

San Mercuriale è il monumento più insigne di Forli con la sua facciata in mattoni, il portale marmoreo, e il campanile romanico. Il centro è un insieme di vicoli, porticati e piazze che svelano architetture rinascimentali, barocche e neoclassiche.
Per chi ama l'arte e la cultura
una tappa indispensabile è il Museo di san Domenico,  che dal 28 gennaio al 17 giugno ospita una mostra dedicata adAdolf Wildt, genio dimenticato del Novecento italiano.




Si è voluto scommettere su questo personaggio, tra i più sofisticati e colti del secolo scorso, per cercare di restituirgli la popolarità che merita grazie ad un’esposizione completa e di grande qualità.
La grande arte di Wildt viene messa a confronto con i capolavori di maestri del passato che per lui furono sicure fonti di ispirazione come Fidia, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambagia, Bernini, Canova, e con i moderni con cui si è originalmente confrontato tra cui Previati, Mazzocutelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Fontana, Melotti.
La più grande retrospettiva mai realizzata su Wildt offre quindi richiami e confronti puntuali, diretti ed evidenti ed è anche una sequenza di capolavori mozzafiato.

I temi del mito e della maschera sono quelli da lui privilegiati, che gli consentirono di dialogare anche con la musica e la letteratura contemporanea, da D’Annunzio a Pirandello. Tra i capolavori più famosi i magnifici busti colossali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI e tanti eroi di quegli anni.
Estraneo al mondo delle avanguardie ed anticonformista, capace di fondere nella sua arte classico e anticlassico, Wildt è un caso unico nell’arte, con la sua incredibile eccellenza tecnica, lo straordinario eclettismo, le scelte formali caratterizzate da richiami gotici ed espressionisti estranei alla tradizione mediterranea.


domenica 15 gennaio 2012

Altheo "Moda". Redazionale Altheo People.

Altheo "Moda". Redazionale Altheo People.
Prima Parte
Alessandro Giorgi, Diego Astori, Riccardo Mari, Frank Morris, Dimitri Cioffi, Roberto Tomassini.






A volte seri, a volte "cazzoni", a volte precisi spesso disordinati,
 a volte creativi e a volte "stonfi".
Non seguono la moda...la rincorrono.
Se su una porta c'è scritto tirare, loro spingono.
Odiano stirare e l'Ikea.
Sono a volte sportivi e a volte solo tifosi.
Dicono a volte ci vedremo ma spesso dicono arrivo.
Li puoi incontrare in birreria o in un museo, ma
soprattutto e per fortuna, non si prendono sempre sul serio.
Sono gli uomini del futuro.
Gli Artisti.
























Per ingrandire clikka sulla foto.



venerdì 13 gennaio 2012

Altheo "aperitivo in concerto". Michael Blake.

Altheo "aperitivo in concerto": Michael Blake.
Domenica 22 gennaio 2012 ore 11.







Il tenorista Michael Blake, ben noto anche per le sue collaborazioni con Ben Allison, Enrico Rava e i Lounge Lizards, presenta un’appassionante lettura di un viaggio, musicale e culturale, da lui compiuto in Vietnam dopo la fine delle guerra con gli Stati Uniti.
Le affascinanti e incantatorie melodie di una tradizione antichissima vengono reinventate e reinterpretate da un gruppo musicale che comprende artisti di eccezionale rilievo come il batterista Hamid Drake, il vibrafonista Bryan Carrott, la flautista Nicole Mitchell, il trombettista Steven Bernstein, il chitarrista David Tronzo e altri ancora.





batteria e percussioni Billy Martin, batteria e percussioni Hamid Drake, vibrafono Bryan Carrott, contrabbasso e basso elettricoTony Scherr, violoncello Rufus Cappadocia, chitarra elettrica David Tronzo, tromba Steven Bernstein, tuba Marcus Rojas, flauti Nicole Mitchell, sassofono tenore Michael Blake.

Altheo"Gli speciali": Salvatore Fiume.

Altheo"Gli speciali": Salvatore Fiume.
Prima Parte. Salvatore Fiume, un arte della bellezza, un arte che viene da lontano.




Le ragioni che ci hanno portato a dedicare uno speciale a Salvatore Fiume sono molteplici: la genialità poliedrica di questo artista, nato in Sicilia e arrivato a Milano a 21 anni, la sua capacità di misurarsi con pittura, scultura, architettura, scrittura e scenografia, la notorietà internazionale, la capacità straordinaria di diffondere bellezza e conoscenza, l'aver attraversato da protagonista un secolo, il Novecento, culla delle principali avanguardie culturali ed artistiche della storia unitaria della Nazione italiana.
Salvatore Fiume a tredici anni dalla morte, rimane di un attualità che sorprende: sono trascorsi più di 60 anni dalla sua prima mostra nella città di Milano, alla Galleria Borromini, nel 1949, eppure le opere che vengono esposte in tutte le parti del mondo sono la dimostrazione evidente di quanto le sue forme fossero coraggiosamente innovatrici.





Fiume fu artista poliedrico ma anche orientato ad una totalità organica: le diverse espressioni della sua ispirazione, come nella migliore tradizione culturale italiana, dovevano ricondurre ad un idea di armonia, di bellezza, di elevazione.
Un pittore che dialogava a colpi di pennello, un artista che reinventò la classicità attraverso l'incessante attività di composizione e ricerca stilistica che non è mai stata disgiunta da quelle che lui stesso, amante della definizione di artigiano, intendeva come totale dedizione al suo lavoro, nella convinzione che l'arte dovesse elevare la persona a rendere gli uomini più felici, esaltandone la gioia della vita attraverso la bellezza delle sue immagini e l'incantevole seduzione del colore.




Ecco il punto nodale, la differenza evidente rispetto alla volgarità imperante e alla manifesta volontà dissacratoria di una certa arte moderna: in Fiume, come tutti i grandi intelettuali del Novecento, l'arte è sempre al servizio dell'uomo, non irride la Tradizione e l'indentità di un popolo, semmai lo esalta con un dipinto, una scultura, un opera architettonica.
In Fiume l'arte non è mai scissa dalla ricerca di un Senso, dal tentativo di ricondurre ad unità virtuosa elementi in apparenza sconnessi.
Armonia, bellezza, senso, ricerca, identità. l'arte di Salvatore Fiume è esattamente il tipo di arte che vogliamo diffondere e far conoscere, soprattutto alle nuove generazioni e a tutti quanti ritengono ancora la conoscenza un'avventura straordinaria.





Nella Seconda Parte: Salvatore Fiume, un anticonformista del Novecento.

martedì 10 gennaio 2012

Altheo "Istanti": Kevin Carter. La bambina e l'avvoltoio.

Altheo "Istanti": le foto vincitrici del Premio Pulitzer.
Kevin Carter. La bambina e l'avvoltoio. 1994.
La foto, il premio, l'accusa, il suicidio.




Kevin Carter, fotografo freelance e famoso cronista della lotta contro l'apartheid in Sudafrica, trovò il Sudan sull'orlo della carestia allorchè vi giunse per fotografare la guerra all'inizio del 1993.
Il Sudan, era impantanato in una guerra civile scoppiata nel 1956, all'epoca dell'indipendenza della Gran Bretagna.
Le popolazioni animiste del sud temevano la dominazione del governo a guida islamica del nord e cercavano l'indipendenza da oltre trent'anni.
Nel 1992 il governo aveva cercato di imporre la legge islamica al sud e si appropriava degli aiuti internazionali destinati a quell'area del paese.
La produzione alimentare locale, perennemente minacciata dalla siccità, era stata drasticamente ridotta dalla continua guerra civile.
Il conflitto e i sanguinosi scontri etnici avevano provocato milioni di profughi.
Alla fine le agenzie delle Nazioni Unite, attaccate sia dalle forze governative sia da quelle della guerriglia, interruppero la distribuzione di cibo nei villaggi interni.
Carter conosceva bene i conflitti sociali e politici che insanguinavano gran parte dell'Africa.
Per quasi tutta la sua carriera, aveva fotografato le violente lotte della sua terra natia, Il Sudafrica.
Aveva cominciato come fotografo di eventi sportivi del weekend, ma ben presto era entrato nell'organico di diversi giornali; era in contatto con un gruppo di fotografi sudafricani bianchi che si occupavano degli aspetti brutali dell'apartheid e insieme avevano seguito la pericolosissima guerra tribale tra i sostenitori di Mandela e quelli dell'opposizione Zulu.




Carter collaborava con tre fotografi: Greg Marinovich dell'Associated Press, Premio Pulitzer del 1991; Ken Oosterbroek, del Johannesburg Star; e il freelance Joao Silva.
Le loro fotografie dei feroci conflitti tribali erano tante note che un reporter di una rivista locale eveva soprannominato i quattro, che si muovevano insieme come forma di protezione nei sobborghi neri del Sudafrica, il "Bang Bang Club".
Nel febbraio del 1993 Carter prese un periodo di ferie e, insieme a Silva, andò in Sudan.
Il loro aereo atterò nel villaggio di Ayod, dove era stato approntato un centro di distribuzione alimentare.
Carter trascorse gran parte del giorno a fotografare la terribile scena delle persone affamate che avanzavano barcollando verso il centro in cerca di cibo.
Nel corso della sua sessione fotografica, s'incamminò nella boscaglia circostante e sentì i flebili lamenti di una bambina che, accovacciata nella polvere, arrancava verso il villaggio.
In quel momento un avvoltoio atterrò poco discosto. Carter si mise in posizione per fare una fotografia della bambina e dell'avvoltio in paziente attesa.
Ne scattò qualcuna, poi scacciò l'uccello.
In seguito gli amici di Carter riferirono che era abbattuto dopo aver scattato quella fotografia, ma lo struggente messaggio di quell'immagine toccò la sensibiltà di molti nel mondo.
In marzo; il New York Times, in cerca di uno scatto dal Sudan, usò la stravolgente immagine di Carter.
Ben presto fu ripresa anche da altri e diffusa a livello internazionale diventando un icona delle sofferenze dell'Africa.




L'uso sulla scala globale della fotografia e la fama che ne derivò, incoraggiarono Carter, che intanto era rientrato in Sudafrica, a lasciare le collaborazioni da freelance.
L'attività indipendente aveva aspetti attraenti ma anche lati negativi: lunghe attese tra gli incarichi, alti e bassi nelle entrate, nessuna copertura sanitaria nè indennità.
Carter firmò per l'agenzia Reuters ma per lui la strada era tutt'altro che in discesa.
Nell'aprile del 1994, solo pochi giorni dopo aver saputo che gli era stato assegnato il Premio Pulitzer, Carter e il Bang Bang Club seguirono i sanguinosi scontri poco fuori Johannesburg.
Carter lasciò la scena presto e rientrò in ufficio. Appena arrivò venne a sapere che il suo miglior amico Ken Oosterbroek era stato ucciso e Greg Marinovich gravemente ferito.
Carter ne fu sconvolto.
Sebbene un premio come il Pulitzer porti la notorietà e, con essa, una maggiore attenzione al lavoro di un fotografo, talvolta nocano gli sgarbi.
Alcuni colleghi di Johannesburg dissero che l'immagine era un colpo di fortuna, o che Carter l'aveva preparata in qualche modo.
A ferirlo di più, tuttavia, erano le critiche di chi metteva in dubbio il suo codice morale, sostenendo che un fotografo che si preoccupa dello scatto anzichè aiutare la bambina è solo un altro avvoltoio sulla scena.
Altri chiesero perchè non aveva aiutato la bambina.
Queste critiche non fecero che aumentare il suo turbamento.
In giugno la cerimonia del Premio Pulitzer portò Carter per la prima volta a New York, dove il mondo della fotografia gli rese il meritato omaggio.
Carter ne fu felice, ma una volta tornato in Sudafrica cadde in uno stato che i suoi amici descrissero di depressione.





La notte del 28 luglio 1994, dopo aver appena assaporato gli onori del Pulitzer a New York, Carter parcheggiò il suo pick-up rosso lungo il fiume che attraversa il sobborgo di Johannesburg dove era cresciuto.
Fissò l'estremità di un tubo di gomma alla marmitta con del nastro adesivo e infilò l'altra nell'abitacolo, salì a bordo, chiuse i finistrini e avviò il motore.
Lasciò una breve lettera di spiegazione che parlava di un uomo frustrato e perseguitato da ricordi implacabili di uccisioni, folli armati di fucili, bambini, affamati, cadaveri e dolore.
Diceva che andava a raggiungere il suo amico Ken.
Aveva 33 anni.






venerdì 6 gennaio 2012

Altheo "Fotografia del XX secolo": Irving Penn.

Altheo "Fotografia del XX secolo": Irving Penn.




Dopo aver studiato design da Alexey Brodovitch, Inving Penn come grafico alla Philadelphia Museum School of Indrustrial Art.
Nel 1938, si trasferisce a New York dove si dedica alla libera professione.
Nel 1943, realizza per la sua prima copertina di Vogue una natura morta. Da allora le sue fotografie vengono pubblicate regolarmente su Vogue e su altre riviste.
A partire dal 1951 lavora per clienti privati di tutto il mondo. Come Richard Avedon, anche Penn diventa famoso anzitutto come fotografo di moda, ma diversamente dal suo grande rivale, Penn non si interessa alla fotografia fuori dallo studio o addirittura per la strada e nei caffè.
Rimane fedele per tutta la sua vita alla fotografia in studio e persino a determinate condizioni di luce, per cui i conoscitori delle sue opere sono in grado di distinguere immediatamente le fotografie scattate a Parigi da quelle di New York.
Malgrado queste differenze interpretative fondamentali, anche Penn pone l'interesse per l'uomo al centro della sua opera.
Nelle fotografie di moda concede sempre grande spazio alle personalità delle modelle, per cui talvolta le fotografie si avvicinano molto al ritratto.
Le sue serie, per esempio l'incarico del 1949 di realizzare per "Vogue" cinque fotografie sulla moda della prima metà del XX secolo, sembrano fatte su misura per esaltare la personalità della modella.




La fotografia che illustra gli anni '50, l'indolenza della posa e gli abiti fanno quasi dimenticare che ci si trova di fronte a un servizio di moda, se non fosse per  le tonalità leggere ma ricorrenti dello sfondo.
L'importanza e il significato che Penn attribuisce allo sfondo sono confermate dal fatto che egli ne fa uso in tutte le sue immagini, comprese le serie di piccoli imprenditori e artigiani inglesi e francesi, le fotografie di gente realizzate in Marocco, nel Benin o nella Nuova Guinea.
per Penn lo sfondo è la scena su cui lascia agire i suoi personaggi.
Sia che si tratti di moda o di ritratti, separa sempre le persone dal loro contesto sociale per isolarle e poter attirare maggiormente l'attenzione sulle loro caratteristiche individuali.
In effetti, da un lato lo sfondo sempre uguale pone in risalto l'individuo, lo fa emergere dall'anonimato; dall altro da risalto all'abbigliamento.




Per Penn qualsiasi abito diventa moda non appena si presenta sulla sua scena specifica.
Sotto il profilo storico-culturale, questa idea è del tutto giustificabile, anche se nei secoli precedenti lo stile dell'abbigliamento mutava con maggior lentezza rispetto a oggi.
Nella serie degli artigiani, dei piccoli impiegati e degli operai che riprende in Inghilterra e Francia, Penn prepara le diverse uniformi e le tenute di lavoro dai loro scopi pratici e le presenta come fenomeno di moda.
Uguale scopo si propone con i ritratti degli indigeni della Nuova Guinea, il cui abbigliamento tribale si trasforma in moda grazie alle sue fotografie.
L'osservatore acquista persino conoscienza delle cicatrici sulla pelle della ragazze del Benin.
Queste immagini evidenziano al tempo stesso anche il carattere di ritratto: il fotografo percepisce e coglie i soggetti nella loro individualità.











Penn ha pubblicato una serie di libri che ha ricevuto viva attenzione da parte del pubblico.
Grande è stato lo scalpore suscitato nell'ambiente della fotografia europea soprattutto da Moments Preserved e Worlds in a Small room.
Questo successo è stato confermato nella successiva pubblicazione retrospettiva che Penn realizza in collaborazione con John Szarkowski nel 1984, in cui i temi vengono sviluppati secondo una sequenza cromatica.
Con gli anni Penn comincia a considerare la fotografia su commissione alla stregua della sua ricerca fotografica personale.




Le sue fotografie sono l'espressione di una concezione del mondo, di un interesse per il mezzo fotografico che racchiude la possibilità di avvicinarsi in modo del tutto particolare al suo prossimo e all'ambiente in cui vive, per interpretarlo secondo una visione che non può essere confusa con nessun altra.





Altheo "Fotografia del XX secolo": Gordon Parks.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Gregory Colbert.
Altheo "Fotografia del XX secolo":Alfred Cheney Johnston.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Margaret Bourke-White.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Elsken Ed van der.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Cohen Serge Moreno.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Franco Fontana.
Altheo "Fotografia del XX secolo": Peter H. Furst.